Gli Usa sono senza uova, e vogliono comprarle dal Veneto prima di Pasqua. L’ambasciatore: «Dateci una mano»


Gli Stati Uniti stanno restando senza uova e quelle che rimangono sono sempre più care. L’aviaria sta decimando le galline mentre la Pasqua si avvicina, e con essa l’imponente mole di acquisti che gli americani affrontano in occasione della festività: 210 milioni di unità. Per fare fronte al problema, gli Usa guardano all’Italia e in particolare al Veneto, la regione del nostro Paese dove se ne producono di più. Ben due miliardi all’anno, pari al 26% delle uova made in Italy. Cifre che fanno gola a Washington, nonostante la guerra commerciale con l’Unione Europea. Oltreoceano la mezza dozzina si avvicina pericolosamente agli otto dollari a confezione, e il consumo pro capite medio degli americani è ben maggiore rispetto a quello degli europei: circa 272 uova l’anno contro circa 210.
L’influenza aviaria e la carenza di uova
È stata l’ambasciata statunitense in Italia a chiamare Gian Luca Bagnara presidente nazionale di Assoavi e del gruppo di lavoro uova e pollame del Copa-Cogeca a Bruxelles. «Quando ho ricevuto la telefonata pensavo di essere su “Scherzi a parte”», ha affermato Bagnara citato da Gloria Bertasi sul Corriere del Veneto. «A fronte di perdite per aviaria che superano di tre volte la produzione italiana, abbiamo risposto che avremmo avviato un monitoraggio, per vedere se è possibile dare una mano, garantendo gli impegni presi con il nostro mercato», ha spiegato il presidente di Assoavi. «Il consumo sta aumentando, si è sfatato il falso mito che le uova facciano male e i costi contenuti fanno sì che anche le famiglie meno abbienti possano permettersi di acquistarle», ha aggiunto Bagnara.
Le uova venete negli Usa?
Oltreoceano, nell’ultimo trimestre del 2024 sono morte 20 milioni di galline ovaiole a causa dell’influenza aviaria. Ma venire in soccorso agli Usa potrebbe non essere semplice. «Pure noi siamo al limite della produzione e non possiamo garantire un approvvigionamento, dato che le uova sono destinate quasi interamente al consumo nazionale», ha spiegato Michele Barbetta, allevatore di galline del Padovano e presidente del settore avicolo di Confagricoltura Veneto. Anche la regione del Nord Est sta affrontando l’epidemia. Ma il contenimento è più efficace di quello messo in atto negli Usa. «Noi riusciamo a intervenire, delimitiamo le aree di contagio» – sottolinea Bagnara elogiando la capacità delle tre maggiori regioni italiane per produzione di lavorare in sintonia. Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna assieme producono l’80% delle uova italiane, nonostante i 56 focolai di aviaria dell’ultima epidemia di aviaria.
Le uova come strumento politico
Uno spiraglio si vede, ma solo dopo le festività primaverili. «Noi abbiamo due picchi di richiesta, adesso e fine anno, ma potremmo avere sei mesi di extra produzione — commenta Bagnara —. Fornire uova agli Usa tra l’altro potrebbe essere un’occasione per aprire nuove prospettive». Secondo l’allevatore, «può diventare uno strumento politico». Ad esempio, per trattare sulle esportazioni dei derivati delle uova, che attualmente sono sospese perché «non riconoscono il nostro sistema di essiccazione. È importante cooperare e finito il monitoraggio ci risentiremo con l’ambasciata», conclude.