Si riaccende la guerra Israele-Hezbollah. Fatah a Hamas: «Lasci Gaza o sarà la fine dei palestinesi»


Il fronte di Gaza si è ormai riaperto da martedì, da oggi sembra invece aver ripreso fuoco anche il fronte nord tra Israele e Hezbollah. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il ministro della difesa Israel Katz hanno ordinato all’esercito di «agire con forza» in Libano. «Israele non permetterà alcun danno ai suoi cittadini e alla sua sovranità», ha detto il premier, che ha chiamato in causa il governo libanese, guidato dal premier Nawaf Salam, definendolo «responsabile di tutto ciò che accade sul suo territorio». Israele, ha aggiunto il premier, «agirà in ogni modo per garantire la sicurezza dei cittadini israeliani e delle località nel nord del paese».
In mattinata, l’esercito di Tel Aviv ha ricominciato a «colpire con forza» il sud del Paese, da dove secondo l’Idf sarebbero partiti quattro razzi diretti verso la parte settentrionale dello Stato ebraico. «Colpite decine di lanciarazzi di Hezbollah e un centro di comando», ha annunciato l’esercito sui social media. Secondo i media locali ci sarebbe una vittima civile. Una interruzione – anche qui – di una tregua che reggeva dal 27 novembre scorso e per la quale le parti si puntano a vicenda il dito contro. «Il lancio di razzi questa mattina verso la Galilea costituisce una palese violazione degli accordi e rappresenta una minaccia diretta per i cittadini dello Stato di Israele», fa sapere Tel Aviv. Hezbollah nega di essere responsabile dell’attacco: «Le accuse del nemico israeliano fanno parte dei pretesti per continuare i suoi attacchi contro il Libano, che non si sono fermati dall’annuncio del cessate il fuoco».
L’attacco dal Libano e le promesse di una dura risposta israeliana
Intorno alle 7.30 ore locali (6.30 italiane) l’aeronautica militare israeliana ha intercettato quattro missili provenienti dal Libano, come ha comunicato su Telegram l’Idf. Immediata la reazione, al momento solo verbale, del capo di Stato maggiore Eyal Zamir: «Risponderemo severamente all’attacco di questa mattina. Lo Stato del Libano ha la responsabilità di rispettare l’accordo di cessate il fuoco». Parole poi riprese dal primo ministro Benjamin Netanyahu. E proprio da Beirut filtra preoccupazione: «Rischiamo di essere coinvolti in una nuova guerra, che avrebbe conseguenze disastrose», ha detto il primo ministro Nawaf Salam. Secondo i media locali, i jet israeliani avrebbero già sorvolato varie volte il sud del Paese dei Cedri. E le truppe di terra stano compiendo operazioni di rastrellamento sulle colline di Hamames e nel distretto meridionale di Nabatiyeh, anche con il sostegno dei proiettili dei carri armati Merkava.
L’allarme di Unifil: «Situazione estremamente fragile, noi rimaniamo in postazione»
La situazione, stando alle fonti Unifil presenti in Libano, sarebbe «estremamente preoccupante». Gli equilibri in quelle zone, scrive sui social la Forza di interposizione in Libano delle Nazioni unite, sono «fragili». Per questo è necessario, per entrambe le parti, «mantenere i propri impegni. Le forze di pace dell’Unifil rimangono in tutte le posizioni».
March 22, 2025
Le minacce di Katz: «Zone cuscinetto più ampie e occupate da Israele»
A Gaza intanto la situazione – si contano circa 520 morti da martedì, secondo il Ministero della Salute di Hamas – rischia di aggravarsi ulteriormente. Anche perché, come ha comunicato venerdì 21 marzo il ministro della Difesa di Tel Aviv, Israel Katz, l’ordine delle truppe di terra adesso non è solo più quello di occupare il corridoio di Netzarim, ma espandere le conquiste verso Rafah e verso il nord della Striscia. Con l’obiettivo di «espandere le zone cuscinetto intorno a Gaza per proteggere le aree della popolazione civile israeliana e i soldati, attuando un’occupazione israeliana permanente dell’area». Un’operazione che avrà ovviamente bisogno di supporto aereo con bombardamenti e raid e che ha una durata ancora non bene definibile, visti i due obiettivi da raggiungere: la liberazione degli ostaggi e lo sradicamento di Hamas dalla Striscia.
Al Fatah ad Hamas: «Via da Gaza, altrimenti i palestinesi cesseranno di esistere»
Proprio in quest’ottica, il partito palestinese Al Fatah – formazione del presidente dell’Autorità azionale palestinese Abu Mazen – ha preso una netta posizione contro la presenza del gruppo paramilitare a Gaza. «Hamas mostri compassione per Gaza, i suoi bambini, le sue donne e i suoi uomini», ha detto il portavoce Mounther al-Hayek. E ha poi invitato Hamas a «lasciare la scena e a rendersi conto che la battaglia imminente porterà alla fine dell’esistenza dei palestinesi a Gaza». E mentre dalla Striscia di Gaza sono giunte notizie di nuove vittime dei raid israeliani è salita durante la giornata la tensione politica interna a Israele con nuove massicce manifestazioni antigovernative indette dai comitati dei familiari degli ostaggi prigionieri di Hamas.
La condanna di Berlino, Londra e Parigi: «Indignati per le vittime, tregua sia permanente»
«Siamo indignati per il numero di vittime civili», così Germania, Regno Unito e Francia hanno espresso in una nota congiunta la loro dura condanna della violazione della tregua. «Chiediamo urgentemente il ritorno immediato al cessate il fuoco», hanno scritto i ministri degli Esteri Jean-Noël Barrot, Annalena Baerbock e David Lammy. Una tregua che, a differenza della prima fase durata all’incirca due mesi, sia «attuato nella sua interezza e diventi permanente». I tre governi hanno ribadito la necessità dell’esclusione di Hamas dall’equazione politica, per garantire la possibilità di una pace duratura. Al contempo, però, hanno sottolineato che «il conflitto non può essere risolto con mezzi militari. Ulteriori spargimenti di sangue non sono nell’interesse di nessuno. Israele rispetti pienamente il diritto internazionale e consenta immediatamente la consegna di aiuti».