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Spreco d’acqua, oltre le sfide globali c’è l’impegno individuale: come ridurre l’utilizzo eccessivo di risorse idriche in casa e calcolare la propria impronta idrica

22 Marzo 2025 - 08:23 in collaborazione con  ACQUA FIUGGI
risparmio idrico acqua
risparmio idrico acqua
Dalle scelte di arredamento ai modi di cucinare, le scelte quotidiane capaci di essere vera fonte di sostenibilità. E attenzione anche ai cibi che scegliamo

Per tutti una risorsa essenziale, per troppi ancora un vero e proprio diritto negato da rivendicare. L’acqua scorre dai rubinetti delle nostre case, la utilizziamo per bere, cucinare, lavarci, senza pensarci troppo. Eppure, dietro semplici gesti quotidiani si nasconde una delle più gravi emergenze globali. La crisi idrica è una delle piaghe irrisolte degli ultimi anni e i dati parlano chiaro: il cambiamento climatico, l’aumento della popolazione, la cattiva gestione delle risorse stanno trasformando l’acqua in un bene sempre più raro. Da tempo siamo davanti a un totale paradosso: del 70% di acqua che ricopre la Terra, solo il 2,5% è dolce e meno dell’1% risulta effettivamente accessibile all’uomo. Un’emergenza che anche attraverso i numeri si fa sempre più evidente: l’Italia è tra i Paesi europei più esposti alla siccità. Secondo l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), negli ultimi 30 anni la disponibilità di acqua nel nostro Paese è calata del 20%. Nel 2022 su territorio nazionale è stata registrata una delle peggiori siccità degli ultimi 70 anni, con agricoltura, commercio e approvvigionamento idrico completamente in ginocchio. 

Una sfida non solo nazionale ma anche globale su cui l’Onu avverte: entro il 2050 oltre la metà della popolazione mondiale potrebbe vivere in aree con stress idrico severo. Una realtà già concretizzatasi per oltre 2,3 miliardi di persone, che oggi soffrono di scarsità d’acqua per almeno un mese all’anno. 

Le risposte dei governi: tra piani e politiche

Di fronte a una crisi così estesa, il mondo sta cercando soluzioni. In Italia, il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC), approvato nel dicembre 2023 dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, prevede interventi per una gestione più sostenibile delle risorse idriche. Un progetto che si inserisce nella Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici sancito nel 2015 a supporto delle istituzioni che saranno chiamate a sviluppare sulla propria scala di governo i contenuti del piano. Oltre 361 misure e linee guida per la pianificazione e l’attuazione di azioni concrete sul territorio italiano. I tre miliardi di euro investiti negli ultimi mesi per circa 300 interventi dal veneto alla Basilicata stanno poi mirando all’implementazione o costruzione di nuove infrastrutture idriche. I mesi a venire saranno cruciali per riuscire a passare da uno stato di crisi idrica permanente a una condizione di pianificazione e soprattutto prevenzione dei danni causati dalle condizioni climatiche. L’eco di questa missione arriva anche in Europa, dove il Green Deal e la Strategia di Adattamento ai Cambiamenti Climatici dell’UE adottata nel 2021, puntano a migliorare allo stesso modo l’efficienza idrica, potenziare gli acquedotti e intensificare l’azione internazionale nell’adattamento dei territori ai cambiamenti climatici. L’emergenza è di un pianeta intero. I dieci anni partiti dal 2018 che andranno avanti fino al 2028 sono stati nominati dall’Onu come “Decennio Internazionale d’Azione per l’Acqua e lo Sviluppo sostenibile”: si lavora per un diritto globale all’acqua, puntando all’Agenda 2030, che vede nella tutela della risorsa idrica uno dei suoi principali cardini: in ballo il raggiungimento della sicurezza alimentare, la lotta contro la povertà, la salute delle popolazioni, lo sviluppo sostenibile di città e territori, la gestione degli ecosistemi terrestri e delle risorse marine. 

Nella sfida globale anche la responsabilità individuale 

Le sfide globali che continuano a impegnare Stati e governi su un utilizzo sostenibile di acqua non possono non intrecciarsi con l’idea di uno sforzo individuale. Oltre ai piani d’azione e alle politiche climatiche, ai meccanismi produttivi di beni di consumo e alimenti, esiste un impegno parallelo e altrettanto necessario che chiama ognuno di noi a scelte consapevoli. Gesti piccoli ma essenziali per la riduzione di spreco d’acqua. 

Azioni quotidiane, all’apparenza di poco impatto, si rivelano fondamentali per trasformare la quotidianità in una fonte concreta di cambiamento su più larga scala: a questo proposito il nostro ambiente domestico diventa centrale per sperimentare uno stile di vita che abbia come obiettivo la scelta, anche etica, di favorire il diritto alle risorse per tutti. 

Grazie a qualche semplice accorgimento nelle abitudini quotidiane si possono ottenere, a parità di beneficio, minori consumi di acqua evitando così inutili sprechi di questo bene prezioso.

Cosa possiamo fare in concreto?

In casa: 

  • Evitare lo scorrimento inutile dell’acqua: chiudere il rubinetto quando ci si lava i denti o ci si fa la barba è azione quotidiana utile a non sprecare la risorsa idrica che in alternativa scorrerebbe inutilmente, senza essere utilizzata.
  • Per le preparazioni alimentari utilizzare bacinelle: per il lavaggio di verdura utilizzare per esempio recipienti anziché l’acqua corrente. Si calcola che per cucinare e bere vengano consumati circa 6 litri di acqua al giorno pro capite, per lavare i piatti a mano almeno 40 litri.
  • Utilizzare lavastoviglie e lavatrici sempre a pieno carico: un’azione non di poco conto se si calcola che per un carico di lavastoviglie senza prelavaggio vengono utilizzati fino a 15 litri. Stesso ragionamento per i programmi scelti, sempre a temperature non elevate tra i 40 e i 60° C. 
  • Riutilizzare l’acqua di cottura della pasta o del lavaggio delle verdure per sciacquare i piatti prima di metterli in lavastoviglie 
  • Raccogliere l’acqua fredda non utilizzata quando si attende di ricevere quella calda
  • Mantenere efficiente il nostro impianto idrico, monitorando la presenza di perdite: un rubinetto che gocciola può perdere fino a 5 litri d’acqua al giorno 

In giardino: 

  • Utilizzare per l’irrigazione sistemi temporizzati e scegliere orari ottimali: irrigare nelle prime ore del mattino o in serata consente di ridurre l’evaporazione che nelle ore più calde del giorno è massima.
  • Coprire la superficie delle piscine con teli per evitare l’evaporazione.
  • Preferire piante che necessitano di minori quantità d’acqua, facendo attenzioni a non irrigare zone impermeabili. 
  • Attorno alle piante effettuare un’attenta pacciamatura: quel procedimento attraverso il quale ricoprendo il terreno si impedisce non solo la crescita di malerbe ma si favorisce il mantenimento dell’umidità del suolo e quindi di acqua nel terreno 
  • Installare, se si può, coperture vegetali sui tetti e giardini pensili: si tratta di una soluzione che permette di assorbire fino al 50% di acqua piovana e di ridurre la possibilità di allagamenti in caso di forti precipitazioni 

Scelte sostenibili d’arredamento:

  • Scegliere rubinetti con sensori o rompigetto: riducono il flusso dell’acqua pur mantenendo un’ottima efficacia di lavaggio 
  • Installare sciacquoni a doppio tasto: si possono risparmiare anche 100 litri d’acqua al giorno, considerando che a ogni utilizzo di modelli con un pulsante solo si usano fino a 16 litri d’acqua 
  • Preferire la doccia alla vasca da bagno: una scelta che prevede un risparmio fino a 1.200 litri al giorno: un bagno in vasca consuma di media fai 100 ai 160 litri. Una doccia di 5 minuti al massimo 40. 
  • Installare sistemi di raccolta per l’acqua piovana: ovviamente per usi non potabili come il lavaggio dell’auto per esempio 
  • Elettrodomestici ad alta efficienza, scegliere elettrodomestici ad alta efficienza energetica e idrica, come lavatrici e lavastoviglie, può ridurre notevolmente il consumo d’acqua. 
  • Utilizzo di dispositivi di misurazione: installare dispositivi di misurazione per monitorare il consumo idrico in tempo reale può aiutare a prendere coscienza del consumo che se ne fa e incentivare un comportamento più sostenibile.

L’impronta idrica, il consumo silenzioso d’acqua (anche e soprattutto mentre mangiamo)

Esistono molti impieghi d’acqua che passano più inosservati di altri. Buona parte degli sforzi individuali per risparmiare risorse idriche sono concentrati sugli usi domestici, la maggior parte di questi con un risvolto evidente. C’è però un utilizzo d’acqua più silenzioso degli altri capace di lasciare un’impronta molto forte sui rischi presenti e futuri di sostenibilità: le scelte alimentari fatte tutti i giorni nei supermercati e il cibo che decidiamo di consumare hanno un ruolo fondamentale nel processo di riduzione dei consumi d’acqua. 

Nel 1993 lo scienziato John Anthony Allan del King’s College di Londra introdusse per la prima volta il termine di “acqua virtuale”, la quantità cioè di acqua dolce utilizzata nell’intero ciclo alimentare: dalla produzione alla commercializzazione di cibi e beni.  Anni dopo la scienza approfondì ancora questo pensiero introducendo il concetto di “impronta idrica” con lo scopo di avere un’espressione e un indicatore dell’utilizzo globale di acqua anche nei settori meno evidenti o meno connessi allo spreco idrico.

L’impronta idrica o “Water Footprint” è così diventata un vero e proprio indicatore scientifico in grado di fornire una quantificazione dell’acqua “nascosta” in prodotti e servizi. 

Proviamo allora a capire meglio e a quantificare la possibile impronta idrica che ognuno di noi è in grado di lasciare consumando certe tipologie e quantità di alimenti. 

Secondo il Water Footprint Network, la più grande rete al mondo per il calcolo dell’impronta idrica globale, mangiare un chilo di carne bovina corrisponde a consumare 15 mila litri d’acqua. Come leggere questa enorme quantità di risorsa idrica consumata? 

Ovviamente non in 15mila bottiglie d’acqua da bere utilizzate: la quantità di acqua consumata per il processo produttivo della carne, come di altri alimenti, non è soltanto di tipo potabile. 

Esiste un ciclo molto più ampio di produzione che oltre all’acqua bevibile identificata negli schemi degli scienziati con il colore blu, comprende anche quella piovana traspirata/evaporata e quindi persa durante i processi produttivi (colore verde) e quella che serve per smaltire gli inquinanti dell’acqua, utilizzata dopo il processo per restituirla all’ambiente con precisi standard di sicurezza e sostenibilità (colore grigio). 

Alla luce di questi tipi differenti di acqua coinvolta nel ciclo di produzione degli alimenti gli studiosi hanno elaborato altri calcoli: un chilo di caffè corrisponde a 18.900 litri d’acqua consumati. Per un chilo di lattuga si contano 237 litri, mentre per un chilo di carne di maiale si arriverà a utilizzare 5.988 litri. Un bicchiere di vino da 125ml corrisponde a 109 litri d’acqua, una tazza di caffè da 125ml a 132 litri, e ancora un pezzo di cioccolato da un chilo si traduce in ben 17.196 litri d’acqua spesi. Per la produzione di 1 chilo di avocado, sono necessari 2.000 litri di acqua, più di 10 volte l’acqua necessaria per far crescere 1 chilo di pomodori.

Il calcolo è stato fatto anche con la pasta: un pacco di spaghetti da 1 chilo corrisponde a 1849 litri d’acqua consumati; un chilo di zucchero a 920 litri; una pizza margherita mangiata il sabato sera a 1.259 l. 

Cifre utili a guidare la nostra spesa con l’obiettivo di provare a ridurre il consumo di alimenti di cui è riconosciuto il notevole impatto idrico. La conoscenza di “un’acqua virtuale” e di “un’impronta idrica” a cui possiamo contribuire ci guiderà, laddove la nostra salute ed esigenze lo permettano, nella semplice scelta di una buona tazza di tè al posto del caffè, di un chilo di lattuga rispetto a un chilo di avocado. 

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