La Niña e tutte le figlie della tempesta: «Siamo stanche di essere viste come putt*** o spose» – L’intervista
«Politica non è una parola che deve far paura. Non è cool ma io ci credo», dice a Open La Niña, cantautrice napoletana classe 1991, uno degli astri nascenti della scena musicale partenopea, che mette insieme il pop più accessibile con una godibilissima world music da battaglia. La Niña, vero nome Carola Moccia, fuori con l’album Furèsta, ne combatte di battaglie. La prima, la più importante, è quella che la vede mettere da parte qualsiasi ammiccamento al mercato discografico, una scelta consapevole ed economicamente assai rischiosa: «Non è che avessi scelta, questa ricerca nasce da una necessità di liberarmi, di vivere la musica nell’unico modo possibile». E poi c’è la battaglia da donna, che pulsa nel singolo Figlia d’ ‘a Tempesta, una marcia imponente di matrice espressamente femminista. «Ho vissuto disagi di ogni genere legati all’essere donna – racconta a Open -. La storia, la letteratura, l’arte, la cultura, la politica hanno sempre caricato la figura della donna di significati altissimi o bassissimi: puttana o sposa. Figlia d’ ‘a Tempesta è un pezzo che nasce per celebrare un sentimento collettivo di forte stanchezza e per elencare in maniera cruda ciò che accade, senza slogan impattanti». Un disagio che La Niña sostiene di aver subito anche nel mondo della musica, dai discografici che «Dobbiamo fare qualcosa perché se tu vuoi cantare canzoni serie non sei credibile perché sei troppo bella» a colleghi uomini che «ho scritto un pezzo per te che penso che dovresti cantare», fino addirittura ai fan che le chiedono: «ma li scrivi tu i testi?». Allora l’obiettivo, come spiega ancora a Open, è «sopravvivere da viva alla mia musica».
