Fa risparmiare 280 euro ai clienti, l’azienda lo licenzia e lui si suicida: la famiglia fa causa al datore di lavoro


Si era tolto la vita una settimana dopo essere stato licenziato. Ora la famiglia di P. M., ex dipendente 55enne della catena di distribuzione all’ingrosso «Metro», ha deciso di portare l’azienda in tribunale per licenziamento illegittimo e chiedere un risarcimento di ventiquattro mensilità. Il caso sarà discusso il 6 giugno davanti al giudice del lavoro di Venezia. L’ex dipendente aveva 27 anni di carriera alle spalle e lavorava come venditore di zona per la Metro di Mestre (Venezia), occupandosi delle forniture ai ristoranti del centro storico di Venezia. Il 27 giugno 2023 aveva ricevuto una lettera di contestazione: secondo l’azienda, avrebbe manipolato alcuni ordini per far risparmiare ai clienti le spese di trasporto, pari a 20 euro per consegna. Nel dettaglio, avrebbe inserito confezioni di gamberi rossi inesistenti in magazzino per portare l’importo degli ordini oltre la soglia minima di 250 euro, necessaria per ottenere la consegna gratuita. Il danno stimato dall’azienda: 280 euro.
Il licenziamento, poi il suicidio
Nonostante le giustificazioni fornite, la Metro aveva deciso per il licenziamento in tronco. Una decisione che aveva lasciato attoniti colleghi e sindacalisti. L’ex dipendente aveva già avviato le pratiche per impugnare il provvedimento quando, l’11 agosto, ha interrotto tutto togliendosi la vita. L’avvocato della Cgil, Leonello Azzarini, contesta la versione fornita dall’azienda. Secondo la difesa della famiglia, il sistema di ordini online permetteva anche ai clienti stessi di inserire prodotti anche se non disponibili e non era quindi certo che fosse stato proprio P. M. ad aggiungere i gamberi contestati. Senza contare che anche altri dipendenti avevano fatto operazioni simili, ma senza subire provvedimenti così drastici.
I sospetti della famiglia
La famiglia sospetta che alla base del licenziamento vi fossero tensioni con i superiori: «Ribadiamo il dubbio, più che concreto, che il licenziamento sia dovuto a dinamiche interne non note e che non sia realmente giustificato da quanto oggetto di contestazione perché anche altri colleghi avevano fatto operazioni simili». Ora sarà il tribunale a stabilire se la società Metro abbia agito in maniera legittima o se, come sostiene la famiglia, il licenziamento sia stato ingiusto e abbia contribuito in modo determinante al tragico epilogo della vicenda.