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Al Colle esplode il caro pensioni e Mattarella non riesce a pagarle. L’intervento di Giorgetti (e l’aiutino di Salvini)

24 Marzo 2025 - 20:47 Franco Bechis
Mattarella Salvini Giorgetti
Mattarella Salvini Giorgetti
Per la prima volta nel 2025 la spesa per gli assegni previdenziali al Quirinale supera quella delle retribuzioni. Il Mef aumenta la dotazione, dal ministero Infrastrutture contributo per la manutenzione dei palazzi

Per la prima volta nella sua lunga storia il Quirinale oggi rappresentato dal capo dello Stato Sergio Mattarella si è trasformato prevalentemente in un ente previdenziale come l’Inps. Nel 2025 infatti avviene il primo sorpasso della spesa per le pensioni erogate ai «nonni del Colle» sulla spesa per il personale in servizio nella prima istituzione della Repubblica italiana. Lo segnala il bilancio di previsione per il 2025 reso pubblico dal segretario generale del Quirinale, Ugo Zampetti. La spesa per le pensioni nel 2025 secondo la nota illustrativa al bilancio di previsione firmata da Zampetti ammonta infatti a 116.334.000 euro, superando per la prima volta la spesa complessiva per le retribuzioni che ammonta a 112.707.505 euro. Nel 2024 la stessa nota evidenziava come le due cifre si stessero avvicinando (112.620.000 euro per le pensioni e 113.827.900 euro per le retribuzioni), ma il sorpasso ancora non si era verificato. Negli anni successivi invece la forbice si amplierà ancora di più rendendo il Quirinale sempre più un Inps: nel 2026 le pensioni erogate saranno 119,2 milioni di euro contro un monte retribuzioni di 105,9 milioni di euro.

Ugo Zampetti, segretario generale del Quirinale

Così Giorgetti aumenta la dotazione del Colle di 6 milioni nel 2025 e altri 5 dal 2026

Lo sbilancio fra stipendi che continuano a ridursi ogni anno ed assegni pensionistici che invece aumentano per ragioni puramente anagrafiche ha costretto il Quirinale a bussare alla porta del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Che ha aumentato la dotazione del Quirinale dai 224 milioni di euro mai modificati dal 2007 al 2024 ai 230 milioni di euro del 2025. Dall’anno successivo verranno poi aggiunti altri 5 milioni di euro portando la dotazione annuale del Quirinale a 235 milioni di euro. Ma è chiaro fin da ora che non basterà vista la crescita esponenziale della spesa pensionistica: i contributi versati dagli stipendi del personale in servizio ammontano infatti a 9,3 milioni di euro l’anno e ovviamente non sono in grado di pagare le prestazioni previdenziali. È un tema che prima del Colle hanno sperimentato Camera e Senato che in questi ultimi anni da una parte hanno trasformato i costosissimi vitalizi in meno care pensioni contributive, e dall’altro lato hanno tagliato con la riforma costituzionale 345 parlamentari (230 alla Camera e 115 al Senato) pur mantenendo la stessa dotazione finanziaria che avevano in precedenza, per un totale di un miliardo e 448 milioni di euro ogni anno (505,3 milioni per il Senato e 943,1 milioni di euro per la Camera).

Una mano è arrivata anche da Matteo Salvini: 20 milioni di euro per il triennio

Oltre alla mano data da Giorgetti per il 2025 a Sergio Mattarella è arrivato anche un aiutino finanziario dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini. «Per il triennio 2025-2027», spiega infatti Zampetti, «il Segretariato generale si avvarrà infine di un ulteriore finanziamento per un totale di 20 mln di euro, proveniente dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, a seguito dalla stipula di un apposito Protocollo d’intesa finalizzato alla gestione diretta da parte del Segretariato delle procedure necessarie per l’esecuzione dei lavori di riprogettazione e adeguamento di impianti tecnologici posti all’interno degli immobili del compendio del Quirinale». Altri 475 mila euro arrivano ogni anno dal ministero dell’Ambiente per la protezione della tenuta presidenziale di Castelporziano. E qualcosina arriva pure dalla Pac della commissione europea, attraverso l’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura: 141.935,73 euro nel 2024 «per la conduzione agro-zootecnica ecocompatibile» della stessa tenuta presidenziale di Castelporziano «a seguito dell’ottenimento da parte della stessa della qualifica di agricoltore attivo».

L’allevamento di bovini nella tenuta presidenziale di Castelporziano

Gli incassi del Quirinale allevatore e agricoltore nella tenuta di Castelporziano

Qualcosina la presidenza della Repubblica incassa in proprio con un minimo di attività commerciali. Il grosso lo fa sempre la tenuta di Castelporziano, che è sempre più il secondo lavoro del Quirinale: dalla vendita di prodotti dell’agricoltura e del bestiame (soprattutto cinghiali e mucche) nel 2025 si ricaveranno 660 mila euro. Qualche spicciolo arriva dalle pubblicazioni (10 mila euro l’anno) e 90 mila euro arrivano dai biglietti per le visite non gratuite alle mostre in locali del Quirinale o alle stesse tenute presidenziali. Oltre a questi sono incassati canoni di concessione, venduti servizi e ottenuti rimborsi vari per un totale di 1,36 milioni di euro. Somma non indifferente, ma alla fine una goccia nel mare del bilancio del Colle.

La lamentela di Zampetti (un tempo impossibile) sull’inflazione da recuperare

Anche Zampetti nella sua relazione cavalca il cavallo di battaglia degli uffici di presidenza della Camera e del Senato: i soldi a disposizione sono pochi perché dopo la pubblicazione del libro La Casta scritto da Gianantonio Stella e Sergio Rizzo nel 2007, la dotazione annuale per gli organi costituzionali non è più stata rivalutata sulla base dell’inflazione come avveniva in precedenza. «L’incremento della principale fonte di finanziamento dell’Istituzione», scrive oggi il segretario generale del Quirinale, «rappresentata dalla dotazione annuale, mitiga solo parzialmente la riduzione in termini reali che la stessa ha costantemente subito nel corso degli anni: l’attuale importo di 230 milioni di euro, tenuto conto dell’inflazione misurata nel tempo in base all’indice dei prezzi al consumo (ISTAT FOI), registra tuttora una diminuzione del 32,55% rispetto all’importo del giugno 2007 rivalutato fino a dicembre 2024». Una considerazione possibile anche perché negli anni hanno avuto meno presa popolare quelle polemiche sui costi della politica che hanno messo le ali in origine al Movimento 5 stelle, che con Giuseppe Conte non alza più quella bandiera identitaria.

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