Polonia, la Russia fa sempre più paura: un milione di mine antiuomo lungo i confini. Varsavia: «Finalmente liberi di difenderci»


Un trattato quasi trentennale stracciato, e immediatamente sostituito con un piano industriale di produzione di oltre un milione di mine antiuomo da posizionare lungo il confine con la Russia e la Bielorussia. Questa la decisione della Polonia, che ha «cancellato» la sua firma dalla Convenzione di Ottawa che dal 1997 proibiva a 160 Paesi di produrre – utilizzare – quel tipo di ordigno perché potenzialmente pericoloso per i civili. Accanto a Varsavia, un passo indietro deciso lo hanno fatto le tre Repubbliche Baltiche (Estonia, Lettonia, Lituania). Una netta presa di posizione nei confronti della crescente minaccia posta da Mosca, contro la quale – ha detto il vicepremier polacco Wladyslaw Kosiniak-Kamysz – è diritto di ognuno attuare «politiche di deterrenza o difesa».
La «libertà» di difendersi: l’impegno della Polonia e delle Repubbliche Baltiche
«Abbiamo sciolto il corsetto che era stato messo sulle forze armate». La sensazione in Polonia è chiara: uscire dalla Convenzione significa essere nuovamente liberi di prendere ogni contromisura ritenuta necessaria per impedire che il pericolo russo si trasformi si tragica realtà. O perlomeno avere la possibilità di essere pronti a ogni eventualità. Se per quanto riguarda il piano ReArm Europe a molti è indigesto il termine “riarmo”, in questo caso è difficile evitarlo. Anzi, è il viceministro della Difesa Paweł Bejda a spiegare il progetto di Varsavia: «Dobbiamo e vogliamo salvaguardare i confini orientali del nostro Paese con la Russia e la Bielorussia». Una linea politica che trova appoggio anche in altre decisioni portate avanti dal governo di Donald Tuskk, su tutte la reintroduzione della leva obbligatoria e la promessa di aumentare le spese militari fino al 4,7% del Pil.
L’iter burocratico e la produzione militare
Tra il dire e il fare, però, passeranno un po’ di mesi. Prima, ha spiegato il vicepremier Kosiniak-Kamysz. Prima l’uscita dalla Convenzione di Ottawa dovrà essere ufficialmente approvata dal Parlamento. Poi sarà data comunicazione alle Nazioni Unite, che a loro volta impiegheranno circa sei mesi a ratificare il tutto. Infine, dopo tutto l’iter burcoratico, bisognerà riattivare una macchina di produzione bellica che nel comparto delle mine antiuomo è rimasto arrugginito da trent’anni di inattività. «Saranno prodotte in Polonia, ne abbiamo le capacità», ha detto il viceministro Bejda. Probabile che due delle principali aziende produttrici di mine anticarro, la Belma e la statale Pgz, siano immediatamente riattivate.