Irpef, il governo Meloni ammette il pasticcio: «Interverremo in via normativa per consentire l’applicazione delle nuove aliquote»


Il governo Meloni fa mea culpa sull’acconto Irpef ricalcolato con le vecchie aliquote più alte dopo «le segnalazioni pervenute da parte di alcuni Caf e riportate dagli organi di stampa», si legge nella nota del Mef. Che annuncia, dunque, un intervento «anche in via normativa» per consentire «l’applicazione delle nuove aliquote del 2025». Tale intervento avverrà «in tempo utile» per evitare «aggravi in termini di dichiarazione e di versamento», precisa il ministero guidato da Giancarlo Giorgetti. «Relativamente all’applicazione dell’imposta di reddito delle persone fisiche – si legge nella nota – sono pervenute segnalazioni in merito a un maggior carico fiscale per i lavoratori dipendenti che verrebbero gravati dell’onere di versare l’acconto Irpef per l’anno 2025 anche in mancanza di redditi ulteriori rispetto a quelli già assoggettati a ritenuta d’acconto». Tale maggior onere fiscale deriverebbe – stando a quanto precisano i Centro di assistenza fiscale – «dall’applicazione della disposizione (…) che, prevedendo la riduzione dal 25 al 23 per cento dell’aliquota Irpef per i redditi da 15.000 a 28.000 euro e l’innalzamento della detrazione di lavoro dipendente da 1.880 euro a 1.955 euro, ha stabilito che tali interventi non si applicano per la determinazione degli acconti dovuti per gli anni 2024 e 2025 per i quali si deve considerare la disciplina in vigore per l’anno 2023». I tecnici di Camera e Senato avevano manifestato dubbi su tale disposizione, chiedendo all’esecutivo che ne fosse quantificato l’effetto di cassa. Dubbi rimasti, però, inascoltati fino alla denuncia della Cgil.
La premessa del Mef
A tale riguardo, il Mef premette che l’incongruenza deriva «dal fatto che le aliquote, gli scaglioni e le detrazioni Irpef sono stati modificati in via temporanea, per un solo periodo d’imposta (2024), e successivamente stabilizzate a regime dal 2025», si legge nella nota. Inoltre, si fa presente che «con la disposizione in questione si intendeva sterilizzare gli effetti delle modifiche alla disciplina Irpef soltanto in relazione agli acconti dovuti dai soggetti la cui dichiarazione dei redditi evidenziava una differenza a debito di Irpef, in quanto percettori di redditi ulteriori rispetto a quelli già assoggettati a ritenuta d’acconto», precisano dal ministero, sottolineando che l’intenzione del legislatore «non era volta a intervenire nei confronti di soggetti, come la maggioranza dei lavoratori dipendenti e pensionati, che, in mancanza di altri redditi, non sono tenuti alla presentazione della dichiarazione dei redditi. Pertanto, la disposizione di cui all’articolo 1, comma 4, del d.lgs. 216/2023 va interpretata nel senso che l’acconto per l’anno 2025 è dovuto, con applicazione delle aliquote 2023, solo nei casi in cui risulti di ammontare superiore a euro 51,65 la differenza tra l’imposta relativa all’anno 2024 e le detrazioni, crediti d’imposta e ritenute d’acconto, il tutto però calcolato secondo la normativa applicabile al periodo d’imposta 2024».
L’intervento normativo
Nonostante la premessa, il governo Meloni – al fine di «salvaguardare tutti i contribuenti interessati» interverrà «anche in via normativa per consentire l’applicazione delle nuove aliquote del 2025 per la determinazione dell’acconto. Un intervento che sarà realizzato in tempo utile per evitare «aggravi in termini di dichiarazione e di versamento».
Foto copertina: ANSA / Riccardo Antimiani | La premier Giorgia Meloni riferisce alla Camera dei Deputati sulla riunione del Consiglio europeo, 19 marzo 2025