Strage di Erba, la Cassazione chiude il caso: «No alla revisione del processo». Resta l’ergastolo per Olindo e Rosa


La Cassazione mette la parola fine sulla vicenda giudiziaria legata alla strage di Erba. I Supremi giudici hanno rigettato l’istanza di revisione del processo contro Olindo Romano e Rosa Bazzi, che stanno già scontando la pena dell’ergastolo, presentata dai legali dei due coniugi. A quasi 20 anni dai fatti potrebbe quindi chiudersi definitivamente la vicenda giudiziaria. I giudici hanno, sostanzialmente, recepito quanto sollecitato dalla Procura generale che ha definito come «mere e astratte congetture» le nuove prove alla base del ricorso dei difensori. Per il pg Giulio Monferini quelli che secondo la difesa sarebbero elementi di prova nuovi «non possono in alcun modo smontare i pilastri delle motivazioni che hanno portato alla condanna di Rosa e Olindo, e cioè le dichiarazioni del sopravvissuto, le confessioni e le tracce ematiche».
Come si è arrivati a questa decisione?
Al vaglio dei Supremi giudici si è arrivati dopo la decisione della Corte d’appello di Brescia che nel luglio scorso si era espressa per l’inammissibilità dell’istanza di revisione della sentenza con cui è passata in giudicato la condanna ai coniugi. Lo scorso 10 luglio, i giudici di Brescia avevano respinto la richiesta di riaprire il processo per la strage avvenuta l’11 dicembre del 2006, quando morirono Raffaella Castagna, 30 anni, suo figlio Youssef Marzouk, 2 anni, la madre Paola Galli, 56, e la vicina di casa Valeria Cherubini, 55 anni. Il marito di quest’ultima, Mario Frigerio, 73 anni, rimase ferito e morì in seguito. L’affidabilità della testimonianza di Frigerio, morto nel 2014, è stata una delle motivazioni su cui i difensori hanno motivato la richiesta di revisione. Secondo la difesa dei coniugi, infatti, le parole di quest’ultimo erano «viziate» anche «dall’inalazione del fumo che si sprigionò dopo che gli assassini appiccarono l’incendio all’appartamento» e che invece per i giudici bresciani sono pienamente attendibili.
Attendibili per i magistrati di Brescia sono anche le confessioni di Olindo e Rosa, poi ritrattate, mentre per la loro difesa vennero «ispirate» da carabinieri e inquirenti, anche a causa della loro debolezza mentale, così come inutile cercare di svalutare la macchia di sangue di Valeria Cherubini trovata sulla Seat Arosa di Olindo. Per la Corte d’Appello tutte queste non sono prove nuove e non comportano il proscioglimento degli imputati, così come «non ha trovato alcun riscontro» la pista alternativa, prospettata dalla difesa, della faida per lo spaccio di droga. Esclusa anche l’ipotesi del «complotto» ai danni dei due imputati che avrebbe portato alla fabbricazione di prove false, o meglio della loro formazione. La Cassazione non entra nel merito delle sentenze ma valuta che siano corrette dal punto di vista procedurale-giuridico. Stando, dunque, alla sentenza di oggi – martedì 25 marzo – i giudici di Brescia non hanno commesso errori. «I fratelli Castagna sono convinti della colpevolezza di Olindo e Rosa. La corte di Brescia ha analizzato in maniera corretta l’istanza di revisione: non c’era nulla di nuovo, nulla di decisivo», ha commentato l’avvocato di parte civile che era presente in Cassazione.
Foto copertina: ANSA | Olindo Romano e la moglie Rosa Bazzi in una foto d’archivio al Tribunale di Como il 19 novembre 2008