Immigrazione, Meloni rivendica il “modello Albania”, anche se è cambiato: «L’Europa ci segue»


Anche se il progetto è stato modificato in corsa e oggi è molto diverso da come era stato pensato inizialmente, passando da centro di prima accoglienza “rapida” per migranti a vero centro di rimpatrio, Giorgia Meloni rivendica il modello Albania e lo fa in un video messaggio inviato a Londra al premier Keir Starmer in cui, tra l’altro, non cita mai l’Ucraina o le preoccupazioni globali che riguardano l’aumento della presenza russa nel Mediterraneo: «Con Keir siamo d’accordo che non bisogna aver paura di immaginare e costruire soluzioni innovative, come quella avviata dall’Italia con l’Albania. Modello criticato all’inizio ma che ha poi raccolto sempre più consenso, tanto che oggi l’Unione europea propone di creare centri per i rimpatri nei Paesi terzi. Ciò vuol dire che avevamo ragione, e che il coraggio di fare da apripista è stato premiato», dice nel video messaggio al vertice di Londra sulla lotta all’immigrazione illegale, organizzato dal premier britannico Keir Starmer. La sicurezza dei confini «è una priorità che l’Italia e il Regno Unito condividono e che rappresenta un punto fondamentale della cooperazione bilaterale tra le nostre nazioni, perché siamo entrambi convinti che dalla sicurezza dipenda la nostra libertà, la prosperità e il benessere dei nostri popoli».
La vicinanza con Londra
Meloni spiega che con il premier britannico «siamo d’accordo che la sicurezza dei confini passa anche e soprattutto dal governo dei flussi migratori e dal contrasto all’immigrazione illegale di massa. Fenomeno globale, che interessa particolarmente l’Europa, dentro e fuori i confini Ue. È il motivo per il quale i nostri governi stanno lavorando insieme da tempo per sconfiggere le organizzazioni criminali che lucrano sulla disperazione e sul legittimo desiderio delle persone di avere condizioni di vita migliori». Italia e Regno Unito stanno «unendo gli sforzi, facendo parlare di più le Forze di polizia, i servizi di intelligence e le autorità giudiziarie perché l’obiettivo comune è puntare al cuore del problema, che sono i profitti di scafisti e trafficanti. E lo stiamo facendo seguendo quella straordinaria intuizione di due grandi giudici italiani, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che è riassunta nelle parole ‘follow the money’ (seguire i soldi, ndr) e che è diventata un modello internazionale. Altrettanto cruciale, in questo senso, è il rafforzamento della cooperazione di Europol e Eurojust con i Paesi terzi». Il tema è anche assicurare il «diritto a non dover migrare»: «Ciò vuol dire costruire un modello di cooperazione con le nazioni di origine e transito dei flussi migratori, affinché possano prosperare con le risorse che possiedono. E sono molto felice, da questo punto di vista, dell’ottima collaborazione avviata con il Regno Unito nell’ambito del Processo di Roma, soprattutto sul fronte dei rimpatri volontari assistiti. Combattere l’immigrazione illegale significa, anche, favorire quella legale, e riaffermare il principio che spetta ad ogni nazione, e non ai trafficanti, decidere chi deve entrare e chi no sul proprio territorio».