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Terremoto Myanmar, effetto Trump sui soccorsi: latitano gli aiuti americani. Il Nyt: «Così Cina e Russia aumentano la loro influenza»

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Dall’America dovrebbe arrivare un contributo, ha assicurato Trump. Ma alcun esperti hanno espresso la preoccupazione che i profondi tagli della sua amministrazione possano vanificare questa promessa

Oltre duemila morti e un numero imprecisato di feriti. A tre giorni dal catastrofico terremoto di magnitudo 7.7, in Myanmar si continua a scavare tra le macerie. Il sisma ha colpito un territorio già fragile, e attraversato da conflitti interni. Dal colpo di stato militare del 2021 la giunta al governo ha isolato il Paese asiatico dal resto del mondo. La guerra civile ha inoltre provocato una grave crisi alimentare. E ora, sul Myanmar, incombe un’altra minaccia, quella dell’emergenza sanitaria. Dopo l’appello lanciato dal capo della giunta militare Min Aung Hlaing, nella nazione del sud-est asiatico sono arrivate le prime squadre di soccorso. La Cina ha inviato a Mandaly, uno dei luoghi più colpiti dal terremoto, un team di soccorritori dotato di droni, cani e set di equipaggiamento specializzato. La Russia ha fatto decollare due aerei con a bordo personale e altre attrezzature. Anche dall’India è partita una squadra di ricerca e di soccorso, con medici e provviste, mentre la Malaysia ha inviato 50 persone. All’appello mancano gli Stati Uniti. Dall’America dovrebbe arrivare un contributo: lo ha assicurato Donald Trump. Alcuni esperti hanno, però, espresso la preoccupazione che i profondi tagli della sua amministrazione possano vanificare questa promessa.

Cina e Russia e l’influenza globale

EPA/NARONG SANGNAK / Le macerie in Myanmar dopo il terremoto

Secondo il New York Times, infatti, le scure del presidente americano sull’agenzia UsAid hanno già costretto le Nazioni Unite, le organizzazioni non governative e i gruppi di aiuto locali a falciare molti programmi in Myanmar. E i tagli di Trump agli aiuti esteri statunitensi, che in precedenza rappresentavano meno dell’1% del bilancio federale annuale, scrive Nbc News, potrebbero spingere i governi autoritari – come Cina e Russia – ad aumentare la propria influenza globale. «L’assenza Usa e la presenza della Cina sono un chiaro messaggio», dice al Nyt Michael Schiffer, ex assistant administrator dell’UsAid per l’Asia. Un team dell’Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale – precisa ancora il quotidiano americano – dovrebbe arrivare mercoledì nel Paese, a più di 72 ore dal terremoto. 

L’ambasciata statunitense in Myanmar, uno dei Paesi più poveri del mondo, ha annunciato sul proprio sito che gli Stati Uniti avrebbero fornito fino a 2 milioni di dollari in aiuti, distribuiti tramite organizzazioni umanitarie. Tuttavia, molti dei sistemi necessari per canalizzare gli aiuti americani alla nazione sono stati bloccati. La settimana scorsa il Dipartimento di Stato ha, inoltre, dichiarato che i tagli agli aiuti esteri non hanno influito sulla capacità del governo statunitense di rispondere al terremoto. Eppure, l’assenza americana sul territorio si fa sentire: «Abbiamo assistito a un’ampia riduzione degli aiuti umanitari, questo è innegabile», ha dichiarato lunedì a Bangkok Trevor Clark, responsabile regionale dell’Unicef per le emergenze a Nbc News. «Al momento ci stiamo concentrando solo sulle cose immediate. Siamo riusciti a mobilitare alcune risorse interne e confidiamo che altri partner si facciano avanti».

I nuovi licenziamenti

EPA/WILL OLIVER

Venerdì 28 marzo la maggior parte dei dipendenti dell’UsAid ha ricevuto una email di licenziamento, scrive Reuters. Alcuni di loro avevano coordinato missioni di aiuto a Bangkok e Manila, e gestito le risposte alle catastrofi in Asia. Altri, invece, si erano trasferiti quest’inverno a Yangon, in Myanmar, per lavorare come consulenti per l’assistenza umanitaria presso le missioni statunitensi. Ma quelle posizioni – precisa il Nyt – sono state bloccate. Se non fosse stato così, sarebbero stati sul campo per dare una risposta (urgente) al terremoto. L’agenzia ha accesso a cibo e kit di emergenza, in grado di rispondere alle esigenze sanitarie di 30mila persone per oltre tre mesi, nei magazzini a Dubai e Subang Jaya, in Malesia. Ma le tempistiche sull’invio di tale materiale, dopo lo smantellamento dell’UsAid, possono allungarsi. Non solo: il personale della “Bureau for Humanitarian Assistance” dell’agenzia – che includeva specialisti di crisi in tutto il mondo – è stato licenziato.

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