Cosa sono i «dazi reciproci»? Come risponderà l’Ue? Perché le borse crollano? Domande e risposte sulla guerra commerciale di Trump


Donald Trump è convinto che gli americani ricorderanno il 2 aprile come il «giorno della liberazione». Ma per il resto del mondo, i dazi che scatteranno nelle prossime ore hanno ben poco di liberatorio. Fuori dai confini americani (e per certi versi anche al loro interno) quella data viene vissuta con un misto di preoccupazione e incertezza. Preoccupazione, per via delle possibili conseguenze che i dazi promessi da Trump avranno sull’economia. Incertezza, perché finora la politica commerciale della Casa Bianca ha seguito un andamento da montagne russe, in grado di confondere e disorientare anche gli osservatori più esperti del commercio internazionale. Ma cosa cambierà questa settimana? Quali sono i Paesi coinvolti nella guerra commerciale di Trump? E soprattutto: perché si guarda ai dazi che scatteranno nei prossimi giorni con più timore rispetto a quanto avvenuto finora?
Cosa cambia sui dazi dal 2 e 3 aprile?
Per rispondere a tutte queste domande, occorre innanzitutto provare a fare un po’ di ordine. Questa settimana scatteranno due nuove tipologie di tariffe commerciali da parte degli Stati Uniti:
- i «dazi reciproci», che entreranno in vigore mercoledì 2 aprile
- i dazi sulle automobili, che entreranno in vigore giovedì 3 aprile
I dazi reciproci
I dazi reciproci riguarderanno tutti i partner commerciali che attualmente applicano tariffe o altre barriere commerciali – come Iva, tasse sulle emissioni di CO2 e non solo – sui prodotti statunitensi (da qui l’aggettivo «reciproci»). In realtà, non è chiaro nemmeno ai media americani quali prodotti saranno inclusi nella «lista nera» di Washington. Secondo Politico, è possibile che le tariffe colpiranno indistintamente tutte le importazioni dall’Unione europea con percentuali «a doppia cifra». L’incertezza che aleggia intorno alla questione ha creato un certo nervosismo sui mercati e ha spinto Kevin Hassett, consigliere economico della Casa Bianca, a dire che la misura avrebbe riguardato soltanto un gruppo di 10-15 Paesi con i maggiori squilibri commerciali con Washington. Nelle scorse ore, tuttavia, è stato lo stesso Trump a chiarire che i dazi reciproci si applicheranno indistintamente a «tutti i Paesi», almeno in un primo momento.
I dazi sulle auto
Giovedì 3 aprile entreranno in vigore i dazi su tutte le automobili prodotte fuori dagli Stati Uniti e vendute sul mercato americano. Questa misura ha creato non pochi malumori tra le stesse case automobilistiche, che hanno sollevato qualche perplessità su cosa renda una vettura davvero «Made in the Usa». Stellantis, per esempio, ha chiesto a Trump di concentrare i dazi soltanto sulle vetture importate da Europa e Asia. Questo perché le auto importate da Canada e Messico, dove il gruppo della famiglia Elkann possiede diversi stabilimenti produttivi, in genere vengono assemblate oltre confine ma sono costruite con componenti realizzati in buona parte proprio negli Stati Uniti.
Quali sono i dazi già in vigore?
I dazi che scatteranno nei prossimi giorni non sono i primi introdotti dalla nuova amministrazione americana. Da quando si è insediato alla Casa Bianca, Trump ha innalzato barriere commerciali soprattutto nei confronti di tre Paesi: Cina, Messico e Canada. Dal 12 marzo, però, si sono aggiunte anche le tariffe sulle importazioni di acciaio e alluminio, che colpiscono indistintamente tutti i partner commerciali di Washington, Europa compresa. Di seguito, un resoconto dei dazi di Trump già entrati in vigore:
- 4 febbraio – Dazi del 10% su tutte le importazioni dalla Cina
- 4 marzo – Dazi aggiuntivi del 10% su tutte le importazioni dalla Cina
- 4 marzo – Dazi del 25% su buona parte delle importazioni da Canada e Messico
- 12 marzo – Dazi del 25% sulle importazioni di acciaio e alluminio da tutto il mondo
Ne arriveranno altri?
A tutti questi dazi potrebbero aggiungersene anche altri, che per ora sono stati annunciati solo a parole. Nei suoi primissimi giorni dentro lo Studio Ovale, per esempio, Trump ha parlato della necessità di introdurre «dazi agricoli» per proteggere agricoltori e allevatori americani. Più di recente, l’inquilino della Casa Bianca ha minacciato tariffe al 25% contro il Venezuela di Nicolás Maduro. O meglio: contro tutti i Paesi che comprano petrolio dal Venezuela.
Come risponderà l’Ue?
Di tutte le tariffe menzionate finora, le uniche che hanno coinvolto direttamente l’Europa, e di conseguenza anche l’Italia, sono quelle sull’alluminio e sull’acciaio entrate in vigore il 12 marzo scorso. I vertici dell’Unione europea hanno bollato la decisione di Trump come «ingiustificata» e hanno preparato una lista di prodotti, lunga 99 pagine, che potrebbero essere colpiti in risposta ai dazi americani. Bruxelles sembra determinata a seguire innanzitutto la strada della diplomazia. Ma è pur vero che i negoziati, almeno per il momento, non hanno portato a un nulla di fatto e la Casa Bianca ha fatto capire che non intende tornare sui propri passi. Se così fosse, l’Ue potrebbe applicare a sua volta una serie di dazi sui prodotti americani e valutare l’introduzione di altre contro-misure ben più severe.
Secondo il quotidiano spagnolo El País, la Commissione europea starebbe preparando una risposta «senza linee rosse» ai nuovi dazi americani che scatteranno il 2 e il 3 aprile. Tra le opzioni sul tavolo c’è anche la possibilità di usare il cosiddetto «strumento anti-coercizione» per la sicurezza economica, che consentirebbe di fatto di chiudere il mercato europeo a determinati beni e servizi e, allo stesso tempo, di impedire ad aziende statunitensi di partecipare a concorsi pubblici o a progetti finanziati con soldi presi direttamente dal bilancio comunitario.
Chi paga i dazi?
I dazi sono imposte indirette e vengono pagati dalle aziende che importano determinati beni dall’estero. Solitamente, il costo delle tariffe viene scaricato – in tutto o in parte – sui consumatori. La maggior parte degli economisti concorda nel dire che i dazi, così come altre barriere doganali, rappresentano un freno per l’economia e un danno per i cittadini. Innanzitutto, perché le aziende raramente accettano di assorbire per intero l’impatto delle tariffe e decidono dunque di scaricarlo sui rivenditori, che a loro volta si vedono costretti ad aumentare i prezzi. In secondo luogo, perché i Paesi coinvolti nella guerra commerciale possono decidere di introdurre a loro volta dazi e altre barriere doganali, finendo per distorcere i flussi di scambi a livello internazionale.
Che obiettivo cerca di raggiungere Trump con i dazi?
Trump ha giustificato l’introduzione di dazi con una serie di ragioni ben specifiche:
- Le tariffe contro Canada, Messico e Cina servirebbero a costringere i maggiori partner commerciali a stringere le maglie dei controlli sull’accesso di droghe (in particolare il fentanyl) e migranti irregolari negli Stati Uniti.
- Le tariffe su acciaio e alluminio rappresenterebbero un tentativo di proteggere l’industria americana, in particolare quella della difesa.
- Le tariffe sulle automobili hanno lo scopo di convincere sempre più case automobilistiche a spostare la propria produzione sul suolo americano, così da creare nuovi posti di lavoro e rilanciare il settore.
- Le tariffe reciproche servirebbero a impedire che l’America venga «derubata» dal resto del mondo. Secondo Trump, per esempio, l’Unione europea sarebbe nata con l’esplicito obiettivo di «fregare» gli Stati Uniti.
La speranza della Casa Bianca è che i dazi permettano di far piovere centinaia di miliardi di dollari nelle casse del bilancio federale. Secondo molti economisti, però, quelle stesse tariffe rischiano di produrre l’effetto opposto, perché porterebbero a una contrazione dell’economia e, di conseguenza, a una riduzione delle entrate fiscali.
Perché le borse sono in perdita?
Gli annunci della Casa Bianca in materia di politica commerciale hanno destato un certo nervosismo sui mercati, con i principali listini europei che ieri – lunedì 31 marzo – hanno chiuso in perdita. Piazza Affari è la peggiore: -1,77% e 16,4 miliardi di euro andati in fumo. Ma non va meglio nemmeno a Parigi (-1,58%), Francoforte (-1,16%) e Londra (-0,83%). Anche Wall Street, a dirla tutta, non se la passa benissimo. «Non sono preoccupato per i mercati», ha provato a rassicurare nei giorni scorsi Scott Bessent, segretario al Tesoro, dopo l’ennesimo crollo dei principali indici di borsa dovuto proprio ai timori sui dazi. Secondo alcuni istituti di ricerca americani, la stessa crescita economica degli Stati Uniti rischia di subire una brusca frenata per via della guerra commerciale scatenata da Trump e sopratutto di rimettere in moto l’inflazione (con la conseguenti decisioni della Fed sulle politiche monetarie). E qualche brivido ai mercati hanno fatto correre sia lo stesspo presidente Trump (intervista a Fox News), ch il vicepresidente J.D. Vance (intervista a Fox News) e il segretario al Tesoro Scott Bessent (intervista Nbc) quanto quasi all’unisono tutti e tre si sono rifiutati di escludere la possibilità di una recessione fra il 10 e il 13 marzo scorso.
Foto di copertina: EPA/Aaron Schwartz | Donald Trump dentro lo Studio Ovale della Casa Bianca, 11 febbraio 2025