Il meteo, la guardia costiera, la distruzione di armi: così l’Italia vuole calcolare le spese militari per arrivare al 2% come chiede la Nato


Servono 8 miliardi affinché la spesa militare italiana tocchi il 2% del Pil a partire dall’attuale 1,53%. Cifra considerevole e di certo non facile da reperire che potrebbe essere raggiunta inserendo nella categoria una vasta gamma di settori che si trovano ai confini della sua definizione. Così, tra le spese militari potrebbero finire il meteo, la guardia costiera, l’attività di distruzione di armi e munizioni tra cui rientra anche il disinnesco non raro di reperti bellici. L’obiettivo del governo – riporta Repubblica – è arrivare all’incontro dell’Aia di giugno dopo aver recuperato 4 miliardi. Lì, i Paesi dell’alleanza atlantica dovrebbero concordare un ulteriore aumento di spesa, fino al 3,6% del Pil, come chiede Donald Trump.
Le richieste di Trump
Per questo è già partito lo studio della strategia coordinato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. L’obiettivo è inserire nel conteggio voci che adesso non ne fanno parte ma che già rientrano nel bilancio dello Stato. Oltre a quelle già citate ci sono i soldi spesi per i carabinieri, la guardia di finanza e la guardia costiera. E le spese «civili-militari» incluse quelle per la cybersicurezza, per le operazioni umanitarie, per la ricerca a scopo militare e i contributi nazionali alla European Peace Facility. Sommando tutte le voci l’Italia arriverebbe all1,8% del Pil la cui composizione dovrebbe però essere approvata dalla Nato. La sfida che affronta Palazzo Chigi è trovare il giusto equilibrio. Risparmiare il più possibile senza prendere in giro Washington e gli altri Paesi dell’alleanza.