Roberto Gualtieri, il sindaco social: ma i like si trasformano in voti? Il parere degli esperti


Giubbotto catarifrangente e caschetto da operaio sono diventati il pass partout di Roberto Gualtieri, il sindaco “che inaugura cantieri”. Ma anche il primo cittadino “secchione”, che con i suoi video pubblicati su Instagram e TikTok porta i cittadini romani (e non solo) nelle retrovie della Capitale. Lo si vede zappare la terra, piantare alberi, affiancare gli operai nel cuore della notte. «Prima qui c’erano solo sterpaglie», una frase diventata un must. E mentre cambia Roma, a cambiare è anche lo stesso Gualtieri, esponente del Pd di lungo corso, dieci anni al parlamento europeo, quindi ministro dell’Economia e delle finanze nel governo Conte II. Non è più il grigio politico istituzionale, ingessato, . Il sindaco capitolino davanti alle telecamere ora sa starci benissimo: è ironico, molto più sciolto, perfino pop. Sta al passo con i tempi, e ha dato una svecchiata anche al suo linguaggio social. Nel video pubblicato lunedì in cui inaugura la nuova Piazza San Giovanni, sorride verso la camera e dice: «È instagrammabile». Una parola propria della Gen Z che, fino a un anno fa, sarebbe sembrata un glitch nel suo vocabolario. Anche se c’è chi continua a considerarlo “cringe” (imbarazzante) in realtà questa strategia comunicativa funziona, e a dirlo sono i numeri: se consideriamo gli ultimi 90 giorni, ma la tendenza è iniziata prima, ha guadagnato oltre 18 milioni di visualizzazioni su Instagram. Su TikTok ne totalizza dieci milioni. Numeri impressionanti, che lo hanno portato a diventare il sindaco più seguito d’Europa. Ma chi c’è dietro questo approccio vincente? E soprattutto, questa comunicazione riesce davvero a tradursi in un reale consenso politico?
Il suo guru dei social
Se i cuoricini che appaiono sotto ai suoi post sono in continuo aumento, il merito va allo staff che lavora dietro le quinte e si occupa della sua comunicazione. Ma c’è una figura chiave che lo accompagna sin dai tempi in cui il primo cittadino era ancora ministro dell’Economia nel governo Conte II, nel 2020. È Daniele Cinà, 46 anni, palermitano trapiantato a Roma. Cinà è la vera mente dietro alla comunicazione del sindaco capitolino, il suo social guru. «La chiave di questo successo sta nel vedere cosa il politico fa, piuttosto che concentrarsi solo sulle parole – ci spiega Cinà – Gualtieri non si limita a parlare, ma mostra concretamente ciò che sta facendo. In questo modo il social media diventa uno strumento reale».
I dati sui social
Cinà ci porta dei dati: Gualtieri negli ultimi 90 giorni ha raggiunto il 96,3% di account non suoi follower, il che dimostra che il suo successo non dipende dal numero di persone che lo seguono direttamente, ma dalla capacità di raggiungere una platea ben più ampia. Che supera anche i confini nazionali: non a caso nell’ultimo video sono comparsi per la prima volta anche i sottotitoli in inglese. È difficile fare un paragone con la precedente amministrazione, quella di Virginia Raggi, perché ai tempi (governò la capitale dal 2016 al 2021) i reel e i video non erano diffusi quanto lo sono ora. Un’epoca digitale totalmente diversa. Ma senza ombra di dubbio, basta passeggiare sui profili per notare come interazioni, commenti e “mi piace” siano decisamente aumentati sotto la gestione Gualtieri. I romani sono molto più attivi e, soprattutto, le lamentele sono davvero poche.
«Il punto di forza è il tono»
Per la professoressa di Semiotica all’Università di Bologna Giovanna Cosenza, una delle migliori allieve di Umberto Eco, il punto di forza di Gualtieri risiede nel tono che utilizza nei video. «Non è mai troppo esagerato, ma dimostra equilibrio – spiega – Alzare il tono non serve mai, o al massimo serve solo nel breve periodo. Esempi di esagerazione, come quelli di Matteo Salvini e Matteo Renzi, dimostrano che, alla lunga, l’esagerazione non paga. Salvini, ad esempio, cerca costantemente di mantenere alta l’attenzione, ma lo fa solo per consolidare il suo consenso e quello della sua cerchia. Sono atteggiamenti che, a lungo termine, non danno più risultati». Per Massimiliano Panarari, professore di Sociologia della comunicazione all’Università di Modena e Reggio Emilia, è difficile paragonare il caso di Gualtieri a quello di Salvini, che a suo tempo puntò su una forte strategia social. «Cambiano il ruolo, il teatro comunicativo e il tipo di contenuti – spiega – Mentre i leader nazionali cercano di fidelizzare il loro elettorato in un contesto di forte polarizzazione politica, la comunicazione di un sindaco si concentra su temi di interesse quotidiano e collettivo».
«I giovani non sono una massa rilevante»
Ma tutti questi cuoricini si trasformeranno in voti? Cosenza spiega: «I giovani, demograficamente, non sono una massa rilevante. Gli under 24 sono meno di sei milioni in Italia e, tra questi, bisogna sottrarre i minorenni e coloro che si astengono dal voto». È difficile fare previsioni sulle prossime elezioni, tantomeno se si parla di un bis a Roma, «per motivi legati all’elettorato e alle convenzioni politiche, la situazione è fluida». Per Cosenza al momento la premier Giorgia Meloni sembra essere l’unica figura di rilievo dal punto di vista tecnico-comunicativo, «ma ciò avviene in un contesto di assenza di alternative credibili» sottolinea. Della stessa idea è Panarari, secondo cui Gualtieri sta riuscendo solo in parte a intercettare i giovani elettori. «Il sindaco sta cercando di catturare la loro curiosità con un approccio a tratti ludico, che si discosta dalla classica narrazione politica – spiega – ma i ragazzi votano sempre meno e tendono a orientarsi verso destra. Sono grandi consumatori di contenuti social, ma questo non si traduce automaticamente in consenso elettorale».
«Votare è un’azione ben più complessa»
Anche per Lorenzo Pregliasco, co-founder di Youtrend, il grande successo sui social non sempre si traduce in un seguito alle urne. Secondo Pregliasco, questa strategia ha sicuramente aiutato a «colmare la distanza che esiste tra l’immagine iniziale di una figura con incarico istituzionale e l’elettore». È «una strategia interessante», spiega, «una delle poche, negli ultimi tempi, che è riuscita a oltrepassare le bolle e le nicchie, raggiungendo un pubblico più ampio». Tuttavia, Pregliasco avverte che questo tipo di contenuti copre solo una parte del cammino verso i consensi: «Alimenta sicuramente una percezione favorevole, ma è evidente che non tutti quelli che apprezzano il contenuto sono disposti a votarlo, perché votare è un’azione più complessa: bisogna alzarsi, mettersi le scarpe e uscire di casa». Inoltre, sottolinea «questi contenuti vengono visti da un pubblico che non sempre è perfettamente in target. Ad esempio, potrebbero essere visualizzati anche da minorenni». Secondo il co-fondatore di Youtrend, Gualtieri, per ottenere un reale beneficio alle urne dalla sua attività di comunicazione, «deve rispondere a due grandi principi della comunicazione politica: conoscere approfondire e leggere l’elettorato e continuare a comunicare in modo genuino, che è spesso la cosa più difficile».
Gli inciampi comunicativi
Per Panarari, le modalità comunicative che stiamo osservando sono ancora in fase di sperimentazione, ma i risultati finora sono stati positivi, anche se non senza qualche inciampo che ha potuto intaccare parzialmente il suo consenso. Un esempio di passo falso, secondo il docente è stato il finanziamento con fondi locali della manifestazione di Michele Serra, che, «pur con un nobile intento, ha portato con sé margini di ambiguità che hanno penalizzato l’immagine del sindaco». Anche i tentativi di «apparire giovane e dinamico non sono sempre riusciti perfettamente, come nel caso di alcune interazioni con i giovani, in cui il tono non è stato del tutto efficace».