Va in ospedale ma i medici sbagliano la Tac: «Mio fratello morto come un cane»


Charles Yeboah Baffou, 24 anni, famiglia immigrata anni fa dal Ghana, una laurea triennale in Economia. È morto sabato mattina durante un intervento chirurgico all’ospedale Santa Scolastica di Cassino. Era stato ricoverato dopo un incidente in monopattino. Il fratello ha presentato denuncia: punta il dito contro la Tac al cranio e non all’addome, esame che avrebbe permesso di scoprire subito l’emorragia interna. E a Repubblica dice che Charles è morto «come un cane». Ieri il ministero della Salute ha disposto l’invio degli ispettori.
Abbandonato come un cane
Nana Baffour parla con Alessandra Ziniti: «Lo hanno abbandonato, lo hanno lasciato morire solo come un cane senza fargli gli esami che erano necessari. Come è possibile che una persona che arriva in ospedale all’una di notte può aspettare sette ore prima che i medici verifichino le sue condizioni? Mi hanno detto che sull’ambulanza è salito con le sue gambe, ma quando è uscito dal pronto soccorso non riusciva a stare in piedi tanto che non è andato a casa, si è seduto su una lettiga ed è rimasto lì senza che nessuno facesse caso a lui». La Tac, a quanto pare, è stata fatta alla testa. Lui invece aveva una rottura della milza e una frattura ai reni.
Nessuno ha voluto ricevermi
«Non lo so, così ho letto. Non lo so perché da quando sono arrivato a Cassino nessuno in ospedale ha voluto ricevermi e spiegarmi cosa è successo. Quel poco che so l’ho letto sui giornali e me l’ha detto la polizia che ci ha avvertiti e che ieri mi ha consentito di vedere la salma di Charles. In ospedale si erano rifiutati. Di certo c’è qualcosa che non torna, qualcuno ha sbagliato e abbiamo il diritto di sapere chi», risponde Nana. E conclude: «Spero che vengano accertate le responsabilità.So che c’è un video dell’incidente e che lui indossava il casco. E infatti non si era fatto male in testa, il viso era intatto.Ma è arrivato in ospedale dicendo che aveva un forte dolore all’addome e non lo hanno ascoltato. Non riesco a darmi pace. Noi qui non siamo nessuno, ma siamo gente onesta, venuti in Italia per lavorare, per costruirci un futuro. Charles era l’orgoglio di tutta la famiglia. Il giorno della sua laurea triennale è stato uno dei più belli della nostra vita».