Ultime notizie DaziDonald TrumpFemminicidiLiliana ResinovichScommesse
ECONOMIA & LAVOROBorseCinaDaziDonald TrumpUSA

Da quando c’è Donald Trump tutti i suoi amici perdono soldi in Borsa. A sorpresa anche dopo la tempesta dazi guadagnano i big della Cina

08 Aprile 2025 - 18:33 Franco Bechis
In sei mesi perde poco Elon Musk, ma crollano i titoli della Silicon Valley e dei principali finanziatori della campagna elettorale del presidente Usa. Resistono ai suoi schiaffoni invece i principali titoli quotati cinesi. E in Italia? Boom di Leonardo e crollo di Stellantis

Nonostante il rimbalzo delle borse di tutto il mondo di martedì 8 aprile restano pochi i listini azionari del mondo a non avere perso soldi nell’era di Donald Trump presidente degli Stati Uniti. Dopo la furiosa tempesta dei dazi ci sono solo due indici in tutto il mondo ad essere positivi rispetto a sei mesi fa. Sono l’indice tedesco Dax, che guadagna ancora il 5,08% nell’era Trump e quello spagnolo Ibex 35, ancora in vantaggio dell’1,48% in sei mesi. Tutti gli altri hanno perso soldi. Limita i danni il Ftse Mib italiano (-2,44%), e un po’ meno il FTSE 100 di Londra (-4,47%). In compenso quasi tutti i peggiori indici azionari del mondo sono americani. In sei mesi il Nasdaq ha lasciato sul terreno il 14,19% del suo valore, il Dow Jones ha perso il 9,78% e S&P 500 ancora di più: l’11,98%. Una delle borse più cadute nella tempesta dei dazi, quella di Hong Kong, rispetto a sei mesi fa ha comunque limitato i danni: l’indice Hang Seng è sceso del 3,82%. È il paradosso della guerra lanciata dal presidente degli Stati Uniti: invece di colpire i nemici assesta i peggiori manrovesci a quelli che dovrebbero essere suoi amici.

Mesi da incubo per i titoli della Silicon Valley. Ma anche per i grandi finanziatori di Trump

Quel che è accaduto con gli indici azionari si è infatti ripetuto in modo anche più evidente con i singoli titoli quotati. Ancora limitato il danno subito da Elon Musk, visto che Tesla in sei mesi ha perso appena il 2,51%. Ma Apple ha lasciato sul campo il 18,21% del suo valore. Meta è scesa dell’11,70% rispetto a sei mesi fa. Nvidia ha perso quasi un quarto della sua capitalizzazione (-24,27%). Microsoft è arretrata del 13,19%. Alphabet (Google) è scesa del 9,25%. Broadcom, società che produce software fra le prime al mondo per capitalizzazione, ha lasciato sul terreno l’11,36% del valore nell’era Trump. Al colosso farmaceutico Eli Lilly and co è andata anche peggio: -19,01% in sei mesi. Ferite evidenti anche nella cerchia strettissima dei super finanziatori della campagna elettorale di Trump. Fra i più generosi è stato Steve Schwarzman, ma in questi sei mesi il suo Blackstone group ha perso il 16,59% in borsa. Ed è andata peggio a Miriam Adelson, che ha ereditato dal marito la quota di controllo di Las Vegas Sands, la maggiore catena di casinò americana: in sei mesi quelle azioni si sono deprezzate del 38,08%.

Miriam Adelson

A sorpresa il nemico cinese non mostra ferite: quasi tutti su le blue chip di Pechino

Non mostra le stesse ferite il principale bersaglio dell’offensiva trumpiana: la Cina. Il solo titolo cinese nel paniere delle cento azioni a più alta capitalizzazione del mondo a perdere è Alibaba. Ma il danno è limitato: -1,91% rispetto a sei mesi fa. E in ogni caso nell’ultimo anno il risultato di borsa è stato +45,60%, quindi ha ancora tanta benzina con cui resistere al presidente americano. Tutti gli altri grandi titoli dei nemici cinesi nell’era Trump hanno guadagnato. Poco come Tencent Holdings, che fa +0,41% rispetto a sei mesi fa, ma +44,20% rispetto a 12 mesi fa. In maniera ancora notevole tutti gli altri. Bank of China fa +10,06% in sei mesi e +20,75% su base annua. Agricoltural Bank of China è sopra del 7,35% rispetto a 180 giorni fa e del 17,35% rispetto a un anno fa. La China construction bank in un semestre è cresciuta dell’11,89% e in un anno del 27,41%. La China merchants bank è ancora sopra del 2,87% in sei mesi e in un anno il suo titolo ha guadagnato il 27,01%. La Industrial & commercial Bank of China è salita in sei mesi dell’11,44% e in 12 del 26,30%.

Roberto Cingolani, Leonardo

Le due facce dell’Italia: Leonardo raddoppia il valore in sei mesi, Stellantis crolla

E in Italia come è andata? Qui ci sono titoli in caduta spesso iniziata prima e anche chi in questi mesi ha continuato a guadagnare. Fra le blue chips il risultato più clamoroso è stato quello di Leonardo, cui spetterà quota non irrilevante dell’aumento delle spese della Difesa: il titolo è quasi raddoppiato di valore negli ultimi sei mesi (+97,27%). Dal lato opposto Stellantis (-32,02%) che però stava già andando male prima della tempesta, tanto è che il titolo ha perso il 67,27% del suo valore in 12 mesi. Hanno invece resistito alla tempesta molti titoli finanziari: nel semestre trumpiano Unipol è cresciuta del 19,81%, Generali del 17,01%, Banca Mediolanum dell’11,43%, Unicredit è salita dell’8,54% e Intesa San Paolo del 3,50%. In controtendenza invece Mediobanca, che ha perso il 7,39% del suo valore. Bene Telecom Italia (+11,60%), assai meno Campari (-26,77%) ed Eni (-16,08%). Hanno tenuto il loro valore Terna ed Enel e più o meno il mercato dei principali titoli italiani quotati se l’è cavata.

leggi anche