Il tumore sconfitto, l’amicizia con Fedez e il punk come rifugio: Mark Hoppus dei Blink-182 si racconta


Il mondo ha scoperto il tumore di Mark Hoppus, 53 anni, quando il bassista dei Blink-182 ha postato accidentalmente una foto durante una seduta di chemioterapia su Instagram: era destinata a una chat di famiglia. É lo stesso Hoppus a dirlo al The Guardian presentando il libro Fahrenheit-182: A Memoir, biografia scritta in collaborazione con il giornalista e scrittore Dan Ozzi. Una biografia che non brilla solo per l’aneddotica che tutti possiamo immaginare, le follie di una delle band che hanno caratterizzato la storia della musica di inizio millennio con il loro punk-rock, la più valida alternativa mainstream al pop sfrontato, ma soprattutto per ricostruire il senso, anche filosofico, di un certo atteggiamento verso la vita e verso l’arte. Un disguido che ha sempre caratterizzato i Blink-182: erano in molti a scambiare il loro atteggiamento scanzonato per irresponsabile leggerezza: «Le band più serie e politiche non volevano suonare con noi perché eravamo un po’ come uno scherzo», racconta Hoppus, ma la realtà è che la band californiana ha scritto pezzi sul suicidio, la depressione e la solitudine, sull’impatto psicologico del divorzio sui bambini.
La malattia e il rapporto con il fan
Il libro non si tira indietro dal raccontare il suo terrore per la diagnosi e le difficoltà del trattamento, alla fine fortunatamente efficace: in una fase delle cure a Hoppus è stato iniettato un farmaco chemioterapico così forte che alla moglie è stato consigliato di non usare lo stesso bagno per tre giorni, per paura che uno schizzo le finisse sulla pelle. «Ho pensato davvero che sarei morto – dice al quotidiano inglese – E, in un certo senso, è stato assolutamente liberatorio. Ho trascorso tutta la mia vita ipervigilante, pensando: qual è la cosa peggiore che potrebbe succedere? E poi eccola qua: un pensiero che sto gestendo e fa ancora schifo. Il dolore fisico e l’esaurimento della chemio, mescolati agli steroidi e a tutti gli altri farmaci, mi hanno semplicemente distrutto per mesi e mesi. Ma mi hanno riportato amicizie che non avevo da anni. Ha guarito la mia amicizia con Tom: dal primo giorno lui era tipo: “Di cosa hai bisogno? Ci sono”. In quell’amicizia e nell’amore e nel supporto delle persone intorno a me, ho pensato: “Sai cosa? Ho avuto una vita piuttosto fantastica”».
L’errore da “boomer” e l’affetto dei fan
E poi quell’errore da boomer, la foto che finisce sui social. «Il miglior errore che abbia mai fatto, di gran lunga» dice Hoppus. «Ho sofferto da solo in silenzio per così tanto tempo perché pensavo che, una volta scoperto che avevo il cancro, l’opinione che le persone avevano di me sarebbe cambiata. In generale, nella vita, ho pensato che quando le persone si ammalano o si feriscono in qualche modo, vengono lasciate indietro, tipo: “Ok, ora sei in una categoria diversa”. Ma mi sbagliavo». Eccome se si sbagliava, infatti, come racconta, Hoppus dopo che la notizia della sua malattia si è diffusa è stato sommerso di affetto, «regali, pensieri gentili, persone che inviavano qualsiasi cosa». Alcuni fan che avevano combattuto la stessa battaglia gli hanno inviato video mentre cantavano vecchie canzoni dei Blink-182: «Tutte queste persone – dice Hoppus – che erano combattenti che avevano superato il cancro mi hanno aiutato molto. Sono finalmente riuscito a dire: “Sì. Sono fottutamente spaventato, ma, sai che c’è? Cerco di mostrare coraggio». Un’esperienza profonda che Hoppus ha anche condiviso con Fedez, notoriamente fan del Blink-182, i due si sono conosciuti e il bassista, secondo quanto raccontato dal rapper milanese, ha molto aiutato Fedez ad affrontare i suoi problemi, lo racconta lui stesso in un post su Instagram: «A Giugno del 2021 Mark comunica di dover affrontare un linfoma al quarto stadio, mi si spezza il cuore e mai avrei immaginato di trovarmi in una situazione simile a un anno di distanza. Prima di operarmi per il tumore al pancreas stringo fra le mani l’album di Enema of the State autografato da Mark, lui mi scrive costantemente per sapere come io stia. Si crea una sorta di legame fra di noi, forse perché inconsapevolmente sappiamo di essere due sopravvissuti».
Il divorzio dei genitori, la metafora del basso, la fuga nel punk
Il punk, in particolare il basso, ha sempre rappresentato per il musicista una risposta ai problemi di salute mentale: dalla depressione ad una violenta forma di germofobia (non è un segreto che spesso il bassista dei Blink-182 tratteneva il respiro quando incontrava fan). «Per decenni – racconta – i miei genitori non si sono parlati ed è stato orribile crescere. Mi sono sempre sentito come se fossi stato messo in mezzo perché dovevo discutere io con entrambe le parti, proteggere mio padre da mia madre, proteggere mia madre da mio padre, proteggere mia sorella da entrambi. La mia personalità – prosegue – è diventata quella del mediatore, il ragazzo che cerca di rendere tutti felici e far sì che tutti siano a posto. Questo è ciò che amo del suonare il basso: è quella cosa tra la batteria e la chitarra che unisce tutto». Il punk rock diventa per Hoppus un destino: «Siamo il rifugio per gli emarginati e gli oppressi: portaci i tuoi fallimenti, perché siamo tutti sulla stessa barca».
I Blink-182, esplosione e discesa di un fenomeno mondiale
La storia prende una svolta velocemente quando si ritrova al college a San Diego, abbandonato subito dopo l’incontro con Tom DeLonge e la formazione della band, e comincia quello che definisce il periodo più bello della sua vita: «Assolutamente il massimo del divertimento – ricorda – Voglio dire, è il fottuto peggio, cercare di trovare il prossimo locale o una fottuta doccia. La ricerca di una doccia è folle, passavamo giornate senza doccia e ti ritrovavi nel caldo torrido, suonando in pieno giorno con il 92% di umidità in qualche parcheggio del New Jersey. Ma andare sullo skateboard, suonare in una band, guidare in autostrada sparando fuochi d’artificio l’uno contro l’altro: cosa potresti sperare di più a vent’anni?». Sono anni di follie, a cui seguono quelli del successo: la firma con una major che però, dice, non li prendeva molto sul serio, anzi: «Quando portavano i nostri dischi nella discografica la camera si svuotava per l’imbarazzo». E invece, il mondo si accorge presto che i Blink-182 erano la band giusta per il momento storico: «Era completamente dominato da Britney Spears, ‘NSync e i Backstreet Boys. E poi c’eravamo noi, che ci siamo presentati con l’aspetto di persone che sarebbero dovute essere cacciate dall’edificio, ma erano letteralmente eccitati che fossimo lì. È stato divertente, come tutti i tuoi sogni che si avverano». Poi l’inizio del declino, il trend che passa. Hoppus e DeLonge litigano spesso, DeLonge entra ed esce dalla band: i milioni di copie vendute si trasformano in centinaia di migliaia, e infine, verso la fine di un lockdown per Covid la scoperta che quel nodulo sulla spalla era qualcosa di grave. Il libro, come una grande favola. si conclude con Hoppus guarito dal cancro e con i Blink-182 riuniti che inaspettatamente si esibiscono come headliner al Coachella, dinanzi a 150mila persone. Fahrenheit-182: A Memoir è uscito oggi in tutte le librerie, anche italiane.
