Ultime notizie DaziDonald TrumpFemminicidiLiliana ResinovichScommesse
ECONOMIA & LAVOROCinaDaziDonald TrumpUSAXi Jinping

Perché Trump dichiara guerra (dei dazi) alla Cina: così la fabbrica del mondo rischia di fermarsi

donald trump xi jinping guerra dazi cina usa
donald trump xi jinping guerra dazi cina usa
Quella con Pechino è la vera battaglia del tycoon. E dietro non c'è soltanto il deficit commerciale. Ma anche questioni geopolitiche. Xi Jinping oggi è l'unico al mondo che ha la forza per rispondere agli Usa. Domani?

«Bisogna ammetterlo. Oggi stanno manipolando la loro valuta per compensare i dazi». L’ultimo attacco di Donald Trump a Xi Jinping risale a poco fa. Ed è significativo che il presidente degli Stati Uniti stia rimproverando alla Cina di lasciar fluttuare (o meglio: svalutare) lo yuan senza intervenire proprio mentre il dollaro va verso i minimi (ovvero: si sta svalutando) proprio a causa dei dazi da lui decisi. Per il resto, quella tra Washington e Pechino è la vera guerra dei dazi all’interno della stretta sul commercio globale che il tycoon vuole imporre per ridurre (cancellare?) il deficit commerciale.

Sfida aperta

Ma è anche vero che mentre l’Unione Europea le annuncia, la Cina è l’unica che mette le tariffe e sfida apertamente Trump. Se a Bruxelles si evita di tassare whisky e bourbon per non favorire rappresaglie sul vino, a Pechino si combatte Trump colpo su colpo. Anche perché il regime cinese è convinto, forse non a torto, che i dazi siano un’arma geopolitica per gli Usa. E che attraverso le tariffe Washington voglia mettere in pericolo la stabilità politica cinese. L’atteggiamento della Cina fin dall’inizio è stato prudente. All’annuncio del primo step del 20% con l’arrivo di Trump alla Casa Bianca, il ministero del Commercio cinese ha alzato una barriera identica. Ma senza polemizzare apertamente. Anche per presentarsi al resto del mondo come interlocutore affidabile.

Dazi e controdazi

Quando Trump è arrivato al 34%, la Cina ha risposto con la stessa barriera. Pechino, ricorda oggi il Corriere della Sera, ha perso le staffe «dopo la decisione da parte di Trump di aggiungere ancora un 50% ai dazi già stabiliti, con l’intento di imporre tariffe pari al 104% (a partire da oggi) alle merci cinesi a meno che il gigante asiatico non avesse «ritirato» i propri dazi del 34%». Questo è stato il segnale che Trump punta a destabilizzare l’economia della Repubblica popolare. Oggi la Cina esporta negli Usa merci per 440 miliardi e ne importa per 144. Lo sbilancio è evidente. Ora Pechino ha però un vantaggio politico. Perché l’opinione pubblica non esiste e lascia il governo con le mani libere.

La fabbrica del mondo

Ma questo è l’unico vantaggio concreto. La fabbrica del mondo adesso rischia di fermarsi. E centinaia di milioni di operai potrebbero perdere il lavoro. Per questo Central Huijin, il fondo sovrano mandarino, ha affermato di avere «ampia liquidità e canali di finanziamento fluidi» per svolgere il suo ruolo di «stabilizzatore di mercato». Ma questo potrebbe non bastare. Così come, contrariamente a quanto si pensa, la Cina attualmente detiene soltanto una minima parte del debito Usa: il 2%. «Anche la Cina vuole fare un accordo, ma non sa come farlo partire. Stiamo aspettando la loro chiamata. Arriverà!», ha scritto su Truth il tycoon.

Immagine di copertina da: Il Riformista

leggi anche