Linus e la musica italiana: «È impigrita, ormai i cantanti si impegnano più sui vestiti che sulle canzoni»


«La scena musicale italiana? È impigrita, diventano belle delle cose che in altri momenti non lo sarebbero state. Dovrei fare l’ipocrita e dire che abbiamo trovato i nuovi Mina e Celentano?». Linus alias Pasquale Molfetta ha le idee chiare sulla situazione artistica del Belpaese. Il conduttore di Deejay chiama Italia isnieme a Nicola Savino e Matteo Curti parla oggi con La Stampa. E dice che preferisce passare per cattivo. Poi parla della rottura con il comune di Riccione: «Non abbiamo mai avuto un motivo per discutere. Un paio di anni fa è cambiata la giunta e io ho fatto anche da supplente visto che sono stati commissariati. Quando si sono ricomposti hanno scelto qualcosa di alternativo. Non capisco perché non abbiano avuto l’onestà di dire che volevano seguire un’altra strada. È soltanto questo che mi dà fastidio. Durava da talmente tanto che magari era anche giusto cercare nuovi orizzonti. Però fatto così sa veramente un po’ di losco, oltre che di maleducato».
La musica italiana è poca cosa
Nel colloquio con Francesco Moscatelli il conduttore dice che «il Festival ha già un presentatore e direttore artistico che resterà in carica altri due anni. Dovrei andare a tagliare le gomme a Carlo Conti per avere qualche possibilità. Ma non so come si fa (ride, ndr)». Il suo giudizio sull’edizione di quest’anno però è negativo: «Siamo in una fase in cui la musica italiana è poca cosa. E secondo me i cantanti italiani hanno il difetto di accontentarsi di fare delle cose carine e magari di impegnarsi di più nel trovare i vestiti che nel trovare le canzoni». Tranne Lucio Corsi: «È stata una parte bella del Festival, come Brunori, che pure ha scritto cose migliori della canzone presentata all’Ariston. Lucio è stato un raggio di sole sotto tutti i punti di vista, anche nella sua lucidità di non scendere a compromessi. Andare sul palco con la chitarra appoggiata sul pianoforte e poi mettersela a tracolla, oppure infilarsi il microfono sotto l’ascella. È una roba molto rock che non si era mai vista negli ultimi anni».
I podcast
Sui podcast, dice che «la radio è fondamentale se vuoi mantenere un contatto con il mondo vivo. E poi i podcast devono ancora diventare grandi. Ce ne sono veramente troppi, una specie di maxi-incrocio Shibuya di Tokyo dove tutti intervistano tutti e non si capisce niente. Il dramma di oggi è che è bello farli, ma non c’è assolutamente alcun introito». L’ultimo giudizio è su Thiago Motta e la Juve, a cui non avrebbe dato ancora tempo: «No, ne ha avuto anche troppo. Ha un bel coraggio a dire che l’hanno interrotto sul più bello, l’hanno interrotto sul più brutto. Mi dispiace dirlo perché ero fra i tanti convinti che fosse bravissimo. Gli auguro di dimostrarlo in futuro. In dieci giorni Tudor ha rimesso la squadra in una dimensione decorosa. Non è certo il Real Madrid, ma è meglio di quello che abbiamo visto fino adesso».