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Donald Trump annuncia una pausa immediata di 90 giorni sui dazi reciproci. Solo alla Cina tariffe al 125%. Al 10% per tutti gli altri

09 Aprile 2025 - 19:30 Ugo Milano
Donald Trump
Donald Trump
La marcia indietro del presidente Usa in serata: «Faremo accordi equi con tutti i Paesi compresa l'Ue. Xi? Intelligente, sa benissimo cosa deve fare»

Il presidente degli Usa Donald Trump ha autorizzato una pausa di 90 giorni sui dazi reciproci che si applica a tutti i Paesi tranne alla Cina. Con il provvedimento, le tariffe a tutti i Paesi del mondo vengono abbassate al 10%, in linea con l’annuncio del 3 aprile, che era poi stato sovrascritto dai dazi differenziati calcolati sulla base del disavanzo commerciale. Trump non molla invece il testa a testa con Pechino, per la quale i dazi vengono aumentati fino al 125%. I listini americani volano e guadagnando 5.500 miliardi di dollari vedendo allontanarsi lo scenario peggiore della guerra commerciale, ovvero una profonda recessione data quasi per scontata prima dell’annuncio del presidente americano. Il Dow Jones chiude in rialzo del 7,87%, il Nasdaq avanza del 12,16% mentre lo S&P 500 sale del 9,51% in quella che è la sua seduta migliore dal 2008.

Il post di Truth

«Considerata la mancanza di rispetto dimostrata dalla Cina nei confronti dei mercati mondiali, con la presente aumento la tariffa doganale applicata alla Cina dagli Stati Uniti d’America al 125%, con effetto immediato», ha scritto Trump sul suo social Truth. «A un certo punto, auspicabilmente nel prossimo futuro, la Cina si renderà conto che i tempi in cui si continuava a derubare gli Stati Uniti e altri Paesi non sono più sostenibili né accettabili. Al contrario, e sulla base del fatto che oltre 75 Paesi hanno convocato rappresentanti degli Stati Uniti, inclusi i Dipartimenti del Commercio, del Tesoro e del Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti d’America, per negoziare una soluzione alle questioni in discussione relative a commercio, barriere commerciali, tariffe doganali, manipolazione valutaria e tariffe non monetarie, e che questi Paesi, su mio forte suggerimento, non hanno in alcun modo attuato ritorsioni contro gli Stati Uniti, ho autorizzato una PAUSA di 90 giorni e una tariffa reciproca sostanzialmente ridotta del 10% durante questo periodo, anch’essa con effetto immediato. Grazie per l’attenzione!», ha aggiunto il presidente statunitense.

Come si è arrivati fin qui?

Nel D-Day, il giorno in cui ufficialmente i dazi americani sono entrati in vigore, Trump ha chiamato le aziende verso gli Stati Uniti. L’obiettivo del presidente americano è scoraggiare la produzione di beni all’estero per incentivare quella interna. La Cina, terzo Paese al mondo per produzione manifatturiera ha risposto alla guerra commerciale implementando a sua volta nuove tariffe. Un tiro alla fune che da giorni vede protagoniste le due principali potenze economiche al mondo. Ieri era infatti arrivato l’annuncio della Casa Bianca di un ulteriore aumento dei dazi contro la Cina, lievitati fino al 104% complessivo. Oggi la risposta del Dragone, che da domani alzerà le tariffe sui beni Made in Usa dal 34% all’84%, nonostante l’enorme surplus commerciale. Una netta presa di posizione accompagnata da un altrettanto chiaro messaggio per lo Studio Ovale: «Correggete immediatamente le vostre pratiche sbagliate». O meglio, annullate tutte le misure tariffarie «reciproche» contro la Cina nell’ottica di ristabilire un dialogo tra partner e non tra nemici. La risposta di Trump si è limitata a un semplice post sul suo social Truth, in cui ha bellamente ignorato la questione. E anzi ha esortato tutti gli imprenditori a evitare le tariffe trasferendo le aziende negli Stati Uniti: «Zero dazi, una quasi immediata connessione alla rete energetica ed elettrica. No ritardi ambientali. Non aspettate, fatelo ora». In serata, il dietrofront.

Trump: «Xi intelligente, faremo un buon accordo»

Xi Jinping è «un uomo intelligente, faremo un buon accordo», ha detto Trump alla Casa Bianca aggiungendo che il leader cinese «ama il suo Paese». «Xi sa benissimo cosa deve fare, ci faremo una telefonata e sarà tutto risolto», ha aggiunto.

Casa Bianca: «Canada e Messico esclusi dalla pausa sui dazi»

Messico e Canada e la Cina non beneficeranno della pausa sui dazi di 90 giorni annunciata da Donald Trump: Lo ha detto un funzionario della Casa Bianca alla Bbc. Mentre all’Ue sarà applicata solo la tariffa di base del 10%, entrata in vigore il 5 aprile, nonostante le misure di ritorsione preparate da Bruxelles. Trump «premierà» inoltre la mancanza di «ritorsioni» ai dazi. «Non fate ritorsioni e sarete ricompensati», ha scritto l’amministrazione su X.

Trump: «Faremo accordi equi con tutti i Paesi»

«Faremo accordi equi con tutti i Paesi» sui dazi, ha detto Trump alla Casa Bianca, ribadendo che «la Cina vuole un accordo» sulle tariffe imposte dagli Usa. «Lo vuole ma non sa da che parte iniziare», ha precisato il presidente americano. Che è inoltre convinto che riuscirà a trovare un accordo anche con l’Unione europea. «Certo, è possibile anche con loro», ha concluso.

Tajani: «Bene la decisione di Trump, può favorire il negoziato»

«La decisione sui dazi del presidente Trump è un segnale che vogliamo interpretare positivamente, è auspicabile che il rinvio di 90 giorni favorisca il negoziato. D’altronde il governo italiano dal primo momento ha scelto un approccio che non favorisca una guerra commerciale che, lo abbiamo capito tutti, danneggerebbe cittadini e mercati americani, europei e di tutto il mondo». Lo afferma il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Mentre per il prossimo cancelliere tedesco Friedrich Merz afferma che la sospensione sui dazi è stata «una reazione alla determinazione degli europei».

Nuovo tonfo per le borse europee: in fumo altri 446 miliardi

Prima del dietrofront di Trump sui dazi reciproci, le Borse europee hanno mostrato un ennesimo tonfo, mandano in fumo nuova capitalizzazione. Con l’indice stoxx 600 che ha perso il 3,5% sono 446 i miliardi bruciati . Per Milano che con il Ftse Mib ha chiuso a -2,75%, il conto è di quasi 19 miliardi di euro.

Il calo

In vista dell’apertura in profondo rosso di Wall Street, le Borse europee calano mentre va avanti lo scontro a colpi di dazi e contro-dazi tra Cina, Usa e Ue. L’indice paneuropeo Stoxx 600 cede il 4,5%, con le vendite che non risparmiano nessuno:  Francoforte chiude a -3% con il Dax a 19.670 punti. Parigi lascia sul terreno il 3,34% con il Cac 40 a 6.863 punti. Londra cede il 2,92% con il Ftse 100 a 7.679 punti. Anche la Borsa di Milano in forte ribasso: il Ftse Mib lascia sul terreno il 2,75% a 32.730 punti. Mentre le vendite sui farmaceutici, minacciati di nuovi dazi dal presidente americano affondano le Borse di Copenaghen (-6,4%), dove è quotata Novo Nordisk (-7,6%), e Zurigo (-5,6%), su cui sprofondano Novartis (-8,4%) e Roche (-6,8%).

La risposta Ue ai dazi di Trump

L’Unione europea imporrà dazi del 25% in risposta alle tariffe imposte dagli Stati Uniti. I contro-dazi europei si applicheranno in tre fasi sulla maggior parte dei prodotti espostati negli Usa: la prima dal 15 aprile, la seconda dal 16 maggio, la terza dal 1 dicembre. La decisione è stata presa per alzata di mano nella cosiddetta Comitatologia, la procedura che prevede la partecipazione di rappresentanti dei Paesi membri in grado di dare un parere formale su atti di esecuzione della Commissione Ue. Unico parere negativo è stato del rappresentante ungherese di Viktor Orban. I controdazi «possono essere sospesi in qualsiasi momento, qualora gli Stati Uniti accettino una soluzione negoziata equa ed equilibrata». Lo scrive la Commissione europea in una nota dopo l’approvazione delle tariffe al 10% e al 25% da parte dei Paesi membri nei confronti degli Stati Uniti.

I dazi decisi dall’Ue nei confronti degli Stati Uniti saranno riscossi a partire dal 15 aprile per un valore complessivo pari a 20,9 miliardi di euro. È quanto si apprende da fonti della Commissione europea dopo il via libera degli Stati membri. La riscossione sarà graduale: la prima tranche al via il 15 aprile vale 3,9 miliardi di euro, la seconda del 16 maggio vale 13,5 miliardi e la terza, il primo dicembre, 3,5 miliardi. 

Meloni a Washington, Parigi: «Gioca da sola e spezza l’Europa»

Dall’altra parte dell’Oceano Atlantico, a tenere banco è la visita programmata dalla premier Giorgia Meloni alla Casa Bianca per il prossimo 17 aprile. Dalla Francia arrivano voci di disappunto, nonostante Repubblica abbia anticipato un colloquio telefonico tra Meloni, la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen e il presidente francese Emmanuel Macron. «Se cominciamo ad avere discussioni bilaterali, l’unità europea finirà per spezzarsi», ha attaccato il ministro dell’Industria francese Marc Ferracci ai microfoni di France Inter, interpretando il viaggio a Washington come una missione riferita esclusivamente alla situazione economica italiana. «Il rischio, presente fin dall’inizio, è che Giorgia Meloni giochi da sola. Sappiamo che Donald Trump ha una strategia abbastanza chiara e semplice: dividere gli europei. Di fronte a questo rischio dobbiamo essere uniti, perché l’Europa è forte solo se è unita».

Weber (Ppe) si schiera con Meloni: «Lavora per l’Europa. Salvini? Ci sono tanti leader populisti»

Una polemica spenta subito dal presidente del Parito popolare europeo, Manfred Weber: «Accolgo con favore i tentativi di parlare con Trump. Meloni e Tajani lavorano nella prospettiva di difendere gli interessi dell’Europa». Una posizione che, secondo Weber, «i leader populisti europei» non stanno avendo: «Stanno svendendo i nostri interessi di europei». Tra questi anche il segretario della Lega Matteo Salvini? «Ci sono tanti leader populisti in Europa», si è limitato a rispondere Manfred Weber.

Borse europee di nuovo in calo, colpito il settore petrolifero

Come da previsione, dopo l’entrata in vigore dei dazi le Borse europee – come prima quelle asiatiche – sono tornate a registrare perdite tra il -4% e il -2% dopo il breve sollievo nella giornata di martedì. Milano è in rosso del -2,6%, con il settore petrolifero particolarmente colpito (Eni è a -5.1%, Saipem -5,8%). La peggiore di tutte le piazze europee al momento è Zurigo, al -4,6%.

Il sarcasmo e le prese in giro di Trump: «Mi baciano il culo, vogliono un accordo. Ma ora è il nostro turno di fregarli»

La porta dello Studio Ovale, lo ha già detto più volte il tycoon, è sempre aperta. Ma a una condizione: i Paesi che vogliono trattare sulla questione delle «tariffe reciproche», devono essere pronti a offrire qualcosa di valore alla Casa Bianca. Qualcosa «di creativo» che, avrebbe specificato lo stesso Trump durante una cena di raccolta fondi per il Partito repubblicano, non deve per forza riguardare il commercio. Washington si sente in una posizione di forza e fa la voce grossa. Dalla poltrona di Trump, gli altri Paesi si stanno preparando – e alcuni, come Israele, hanno già iniziato – a fare a gara per volare negli Stati Uniti e scendere a compromessi con il tycoon: «Ci chiamano, mi baciano il culo, stanno morendo dal desiderio di fare un accordo». Mentre le borse si preparano a un altro tuffo nel profondo rosso, il presidente americano appare tranquillo: «So quel che diavolo sto facendo». E si concede anche di dileggiare i leader stranieri in arrivo alla Casa Bianca, facendone una sorta di imitazione: «Per favore, per favore signore, fai un accordo. Farò qualunque cosa signore».

La calma di Washington: «Siamo contenti così, ora è il nostro turno di mettere tariffe»

Una cosa è certa: almeno ufficialmente, Trump non ha fretta. I calcoli dello Studio Ovale parlano chiaro e stimano nuove entrate dalle tariffe per un totale di circa 600 miliardi di dollari. Per questo, ha ribadito il tycoon, sono gli altri Paesi che devono trovare il modo di convincere gli Stati Uniti a stringere un accordo, che Washington «non deve fare necessariamente» perché «siamo contenti come siamo». Una rivendicazione di dominio economico che non nasconde la profonda soddisfazione di chi, dopo anni di presunti soprusi, finalmente serve la sua vendetta come un piatto gelido: «Molti Paesi ci hanno fregato a destra e sinistra. Adesso è il nostro turno di fregarli, e così renderemo il nostro Paese più forte».

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