Migranti, ripartono i trasferimenti dall’Italia nei centri in Albania convertiti in Cpr


Il governo Meloni ci riprova. I primi trasferimenti dei migranti dall’Italia nella struttura di Gjader in Albania, convertita da un decreto dell’esecutivo in Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr), sono attesi per domani 10 aprile. Una prima nave con a bordo 15 persone, partita da Brindisi, in Puglia – fanno sapere fonti portuali albanesi – dovrebbe raggiungere il porto di Shengjin nel pomeriggio, verso le 15. Mentre in serata è attesa la seconda imbarcazione, con altri 25 migranti. Una quarantina in tutto, pari all’attuale capienza del Cpr. Per mesi le strutture, inizialmente pensate come centri per i richiedenti asilo, provenienti da paesi sicuri e salvati in mare a cui poteva essere applicata una procedura accelerata, sono rimaste inattive. In tre diverse occasioni, i giudici romani hanno infatti sospeso il trattenimento dei migranti e rinviato la questione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ostacolando di fatto i piani del governo. Per questo motivo, il 28 marzo il consiglio dei ministri ha approvato un decreto per salvare il protocollo siglato con Edi Rama e cambiare la destinazione d’uso delle strutture, come centri di detenzione amministrativa per i migranti irregolari. In Albania arriveranno, dunque, persone che hanno già ricevuto un decreto di espulsione in Italia e aspettano di essere rimpatriate. I posti all’interno del Cpr di Gjader da 48 dovrebbero diventare 140, aveva fatto sapere il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Non è, invece, chiaro quale sarà la destinazione del centro di Shengjin, inizialmente pensato come hotspot per le procedure di identificazione.
La denuncia delle associazioni
Nel frattempo, le associazioni che si occupano di diritto dell’immigrazione hanno sollevato diverse criticità. ActionAid ha chiesto di «non procedere» alla conversione del decreto-legge, «perseguire l’obiettivo del completo abbandono del progetto dei centri» e mettere in discussione «il ricorso sistematico alla detenzione amministrativa per le persone migranti e riaprire un confronto pubblico e parlamentare sulle politiche migratorie, fondato su trasparenza, accountability e rispetto dei diritti umani». Raccomandazioni espresse da Francesco Ferri di ActionAid durante l’audizione in Commissione Affari Costituzionali nell’ambito dell’esame del disegno di legge di conversione del decreto sulle “Disposizioni urgenti per il contrasto dell’immigrazione irregolare”. «Dal punto di vista costituzionale – precisa -, la decretazione d’urgenza non appare giustificata né dalla necessità né dall’urgenza» perché «non si rileva alcuna emergenza tale da giustificare un intervento straordinario in relazione ai Cpr: quelli attualmente operativi in Italia funzionano spesso al di sotto della loro capienza, pari dal 2017 in poi al 52% della capienza». Ad oggi, in Italia, sono aperte e funzionanti solo 10 Cpr su 12 attivi. Nel 2023 – si legge nel report “Trattenuti” di ActionAid – dai centri sono stati rimpatriati solamente il 10% delle persone colpite da un provvedimento di espulsione, cioè su 28.347 persone “solo” 2.987. Il totale dei rimpatri è di 4.267.