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Il Fisco regolarizza la prostituzione: spunta il codice Ateco anche per «l’organizzazione di servizi sessuali» (che però è reato)

10 Aprile 2025 - 12:46 Bruno Gaetani
La nuova classificazione dell'Istat include una serie di attività collegate alla prostituzione, comprese alcune che sembrano configurare il reato di sfruttamento

C’è una voce destinata a far discutere tra i nuovi codici Ateco (la carta di identità di ogni azienda e partita Iva) entrati in vigore il 1° gennaio 2025, ma diventati operativi soltanto lo scorso 1° aprile. Nel lungo elenco di numeri stilati dall’Istat – che servono a classificare e identificare le diverse attività economiche – ce n’è uno dedicato alla prostituzione. Si tratta del 96.99.92, che in realtà ha un nome molto innocuo, perlomeno all’apparenza: «Servizi di incontro ed eventi simili». Per capire a cosa ci si riferisce, basta leggere la descrizione. Tra i servizi classificati con il nuovo codice Ateco ci sono:

  • le attività connesse alla vita sociale, ad esempio attività di accompagnatori e di accompagnatrici (escort), di agenzie di incontro e agenzie matrimoniali
  • la fornitura o organizzazione di servizi sessuali, organizzazione di eventi di prostituzione o gestione di locali di prostituzione
  • l’organizzazione di incontri e altre attività di speed networking

La tassazione dei guadagni dalla prostituzione

L’attività di prostituzione, è bene ricordarlo, non è illegale in Italia, a patto che sia svolta volontariamente da una persona adulta e capace di intendere e di volere. A costituire reato, semmai, sono lo sfruttamento e il favoreggiamento di queste attività. La novità introdotta con il nuovo codice Ateco, dunque, dovrebbe far uscire la prostituzione una volta per tutte da quella zona grigia fiscale in cui è stata sempre rilegata. Più che le leggi, infatti, finora sono state soprattutto alcune sentenze a chiarire come funziona la tassazione per chi si prostituisce. Nel 2011, per esempio, la Cassazione ha stabilito che i guadagni derivanti dalla prostituzione devono essere tassati quando l’attività viene svolta in modo professionale e regolare. Tra chi presta il servizio e chi ne usufruisce non ci dev’essere però alcun «rapporto di subordinazione». Semplicemente, bisogna pagare le tasse sul servizio reso. Chi svolge attività di prostituzione in modo occasionale, invece, deve dichiarare i propri guadagni sotto la voce «redditi diversi».

Il nuovo codice Ateco regolarizza lo sfruttamento della prostituzione?

C’è un altro punto, però, su cui il nuovo codice Ateco sembra essere in aperto contrasto con la legge italiana. La nuova classificazione regolarizza dal punto di vista fiscale non solo l’attività di chi si prostituisce, ma anche «l’organizzazione di servizi sessuali», «l’organizzazione di eventi» e la «gestione di locali di prostituzione». Peccato che queste stesse attività figurano tra quelle punite dal reato di sfruttamento della prostituzione, punito con reclusione da quattro a otto anni e una multa da 5mila a 25mila euro. Sorge il dubbio, dunque, che i nuovi codici Ateco rischino di regolarizzare dal punto di vista fiscale una serie di attività che costituiscono reato. La cosiddetta «legge Merlin», approvata nel 1958, punisce, tra gli altri:

  • «chiunque […] abbia la proprietà o l’esercizio, sotto qualsiasi denominazione, di una casa di prostituzione, o comunque la controlli, o diriga, o amministri […];
  • chiunque, avendo la proprietà o l’amministrazione di una casa od altro locale, li conceda in locazione a scopo di esercizio di una casa di prostituzione;
  • chiunque recluti una persona al fine di farle esercitare la prostituzione, o ne agevoli a tal fine la prostituzione».

Più di recente, una serie di sentenze ha aggiornato l’interpretazione di queste norme. Nel 2020, per esempio, il Tribunale di Pescara ha stabilito che la gestione di un centro massaggi nel quale vengono offerte prestazioni “extra” ai clienti, tra cui masturbazione o rapporti sessuali, configura il reato di sfruttamento della prostituzione. Una sentenza della Cassazione del 2018, inoltre, ha certificato che lo sfruttamento consiste in «qualsiasi consapevole e volontaria partecipazione, anche occasionale, ai proventi dell’attività di prostituzione». E se queste sono le premesse, come possono le attività classificate con il nuovo codice Ateco – tra cui l’organizzazione di incontri e servizi sessuali – non essere in conflitto con le leggi esistenti?

Foto: Ansa

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