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Documento di Finanza Pubblica, ecco l’impatto dei dazi: giù il Pil, su inflazione e pressione fiscale. Il governo: «Incertezza elevata»

11 Aprile 2025 - 10:47 Alba Romano
giancarlo giorgetti dfp dazi Pil inflazione pressione fiscale
giancarlo giorgetti dfp dazi Pil inflazione pressione fiscale
Il Dfp, erede del Def approvato ieri in Consiglio dei ministri, prevede 500 milioni per la transizione delle aziende e numerosi aiuti alle famiglie. Ma le tariffe di Trump hanno costretto a ricalcolare tutto

Buon andamento del mercato del lavoro, minore disoccupazione, nuove politiche per la famiglia, finanziamenti da 500 milioni di euro per favorire la transizione energetica e tecnologica delle aziende, redditi da lavoro dipendente in lieve aumento. È il quadro dipinto dal Dfp, il Documento di finanza pubblica che ha sostituito il Def e che giovedì è stato approvato dal Consiglio dei ministri. Elementi positivi che, però, sono inseriti su uno sfondo dai colori inevitabilmente cupi. Anche perché, al netto delle considerazioni sul mercato interno, l’economia italiana deve rispondere prima di tutto a una domanda: quale sarà l’impatto dei dazi americani? Il documento fornisce alcune semplici stime: su l’inflazione, giù le stime del Pil che andranno peggiorando di anno in anno. Perché, si ricorda in un focus del Dfp, l’Italia e in genere l’Unione europea sono tra le più «aperte al commercio estero». E di conseguenza, il contraccolpo per una contrazione dell’export sarà ancor più prepotente.

L’impatto dei dazi americani su Pil e inflazione

Le nuove tariffe imposte da Washington hanno costretto il ministero dell’Economia e delle Finanze a rivedere al ribasso lo scenario del Prodotto interno lordo per i prossimi tre anni. Nel 2025 la crescita sarà frenata al +0,3%, rispetto al +0,6% previsto. Nel 2026 e nel 2027, poi, si arriverà a un +0,8%, con un rallentamento complessivo del -3% rispetto ai primi calcoli di crescita. Si tratta – è bene segnalarlo – di cifre basate sulle tariffe annunciate da Donald Trump e che, al momento, sono sospese per i prossimi 90 giorni. Si tratta dunque di una sorta di «scenario peggiore», anche se la Casa Bianca ha già dimostrato di non porsi molti limiti all’inasprimento delle tariffe sull’export degli altri Paesi. Altro effetto inevitabile dei dazi, come già si è visto nei primi giorni del nuovo regime tariffario imposto da Washington, è l’impatto in negativo sull’energia. L’aumento dei prezzi dei beni energetici, spiega il Dfp, «non è previsto rientrare del tutto nel breve termine». Una dinamica che porterà con sé un leggero aumento dell’inflazione, dalla precedente stima di 1,8% fino al 2,1%. E che, forse, sono previsioni eccessivamente ottimiste di fronte a un «contesto internazionale scosso da recentissimi eventi», ha messo in guardia l’Ufficio parlamentare di bilancio.

I finanziamenti per la transizione e i sostegni alle famiglie: «Basta child penalty entro il 2040»

Per quanto riguarda policy e finanziamenti, il Dfp conferma i 6,3 miliardi di crediti di imposta già previsti nella Legge di bilancio. Una parte, per la precisione 500 milioni di euro, andranno a Transizione 5.0, il piano di aiuti alle imprese che dal 2024 mira a favorire la transizione digitale ed energetica. Confermati anche gli strumenti di aiuto alle famiglie, «in supporto alla natalità e per la promozione di una maggiore partecipazione dei giovai e delle donne al mercato del lavoro». L’obiettivo principale è eliminare la child penalty, cioè la penalizzazione economica e di carriera subita dalle madri lavoratrici, entro il 2040, con un aumento del +6,5% dell’occupazione femminile. Sono previsti inoltre strumenti per favorire la natalità (bonus nati, congedo parentale «rinforzato») e per aiutare la conciliazione tra vita e lavoro, come la possibilità di aderire a orari di lavoro più flessibili.

La pressione fiscale in lieve aumento

Altra nota negativa sottolineata dal Dfp, almeno per i contribuenti, è il lieve rialzo della pressione fiscale complessiva previsto per il 2025. In rapporto al Pil, spiega il documento, «le entrate contributive sono previste in aumento (+0,7%), mentre le entrate tributarie sono previste in discesa (-0,6%)». Per quest’anno la pressione fiscale è dunque prevista al 42,7%, una quota che il governo vuole limare progressivamente anche grazie alla «riduzione selettiva del cuneo fiscale».

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