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Levi’s archivia il 2024 boom con Beyoncé e Dylan. Ora i jeans finiscono al centro della guerra dei dazi fra Usa e Ue

Il film su Bob Dylan e le pubblicità con Beyoncé avevano fatto volare gli affari dell'azienda. Adesso la ceo Michelle Gass minimizza: «Le scorte della collezione primavera-estate sono già arrivate a destinazione, nessun impatto immediato dalle tariffe»

Secondo una parte degli economisti, le guerre commerciali non hanno vincitori. Ma anche tra i “perdenti”, se così li si può chiamare, non tutti ne risentono allo stesso modo. Ci sono aziende, per esempio, che non solo si trovano a fare i conti con le tariffe universali imposte da Donald Trump (solo in parte sospese) ma sono finite anche nella lista dei contro-dazi dell’Unione europea (anch’essi congelati, almeno per ora). È il caso di Levi’s, la storica azienda americana conosciuta in tutto il mondo per i suoi jeans. Durante una conference call sui risultati del primo trimestre del 2025, l’amministratrice delegata Michelle Gass ha provato a minimizzare l’impatto della guerra commerciale scatenata da Washington contro il resto del mondo (alleati inclusi) ma ha anche anticipato che ci potrebbero essere aumenti di prezzo «chirurgici» sui suoi prodotti.

Il fuoco incrociato dei dazi tra Usa e Ue

Da diversi anni ormai, Levi’s ha delocalizzato la produzione e si rifornisce soprattutto da Paesi asiatici, compresi alcuni dei più colpiti dai «dazi reciproci» di Trump: Bangladesh, Cambogia, Pakistan, Sri Lanka e, più di tutti, Vietnam. Le tariffe contro questi Paesi sono state congelate per novanta giorni, ma se dovessero entrare in vigore rappresenterebbero un duro colpo per la storia azienda dei denim jeans. I caotici annunci della Casa Bianca sui dazi non sono l’unico grattacapo per Levi’s. I jeans, prodotto di punta del marchio californiano, figurano anche nella lista di prodotti che l’Unione europea potrebbe colpire con contro-tariffe del 25% qualora i negoziati con Washington dovessero fallire. Nel suo pacchetto di contromisure, Bruxelles ha voluto includere una serie di beni di consumo tipicamente americani, tra cui proprio i pantaloni in denim, che però gli Stati Uniti producono a malapena. Nel 2024, secondo i dati di Euratex, l’Unione europea ha importato denim Made in Usa per appena 19,3 milioni di euro. Curiosamente, più della metà (10,8 milioni di euro) è finito proprio in Italia.

L’arrivo delle scorte negli Usa mette al sicuro la collazione primavera-estate

In una conference call con gli analisti finanziari, l’ad Michelle Gass ha provato a minimizzare l’impatto che le tensioni commerciali avranno su Levi’s: «Siamo consapevoli che si tratta di una situazione macroeconomica in rapida evoluzione e dobbiamo vedere come si risolve». Per il momento, l’azienda californiana ha confermato le previsioni di crescita per il 2025, pur senza escludere che potranno essere riviste nei prossimi mesi. Per rassicurare gli investitori, la numero uno di Levi’s ha snocciolato una serie di rassicurazioni. La prima è che «la maggior parte dei prodotti per la primavera e l’inizio dell’estate è già disponibile negli Stati Uniti». In altre parole, la merce è arrivata a destinazione prima che i dazi entrassero in vigore. Il secondo messaggio di speranza riguarda la diversificazione dei mercati: il 60% del fatturato di Levi’s, ha assicurato Gass, è generato al di fuori degli Stati Uniti. Se anche gli Usa dovessero entrare in recessione, dunque, l’impatto sugli affari dell’azienda sarebbe meno devastante di quanto si potrebbe pensare.

L’aiutino di Beyoncé e il boom di affari dopo il film su Bob Dylan

E pensare che finora gli affari di Levi’s stavano andando a gonfie vele. L’azienda ha chiuso il primo trimestre dell’anno con un utile netto di 135 milioni di dollari, quando lo scorso anno i primi tre mesi avevano portato a una perdita di 10,6 milioni. Tutto merito di due fattori. In primis l’aumento dei prezzi, che ha preceduto qualsiasi annuncio di Trump sui dazi. In secondo luogo, il successo di A complete unknown, il film in cui Timothée Chalamet veste i panni di Bob Dylan, la cui passione per i jeans Levi’s è ben nota. La pellicola diretta da James Mangold ha fatto crescere gli affari del marchio californiano, che ha anche lanciato una collezione in edizione limitata con alcuni capi ispirati proprio al guardaroba del cantautore. A dare una mano agli affari di Levi’s ci ha pensato anche l’imponente campagna pubblicitaria «Reiimagine» lanciata a settembre con una testimonial d’eccezione: Beyoncé. «La nostra intenzione è accelerare sul mercato femminile, perché siamo ancora poco presenti», ha precisato Michelle Gass. Anche se, prima di pensare a nuovi mercati da esplorare, ci sarà da fare i conti con gli sviluppi della guerra commerciale.

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Una locandina del film A complete Unknown, in cui in cui Timothée Chalamet veste i panni di Bob Dylan

Foto copertina: EPA/Clemens Bilan

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