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Makka Sulaev, che ha ucciso il padre per difendere la madre: ««Era la sua cultura. È cresciuto in un posto dove le donne non valgono niente»

donald trump kilmar abrego garcia
donald trump kilmar abrego garcia
Il racconto della ragazza durante il processo per omicidio premeditato

Makka Sulaev, 19 anni, studentessa di Nizza Monferrato, origini cecene, è imputata di omicidio premeditato. Ha ucciso suo padre con due coltellate. Difesa dall’avvocato Massimiliano Sfolcini, durante il processo ha raccontato come si sono svolti i fatti. Partendo dall’acquisto del coltello e dai fogli riempiti prima di colpire Akhyad: «Lo ucciderò». Poi: «Non volevo ucciderlo. Volevo che si fermasse». La Corte d’Assise deciderà sulla sua sorte. Lei intanto oggi parla con La Stampa: «Da piccola amavo mio padre. Anche se allora non capivo certe cose. Poi quell’amore è diminuito. Verso i 16, 17 anni. Quando sono diventata maggiorenne ho capito che non potevo più accettare come lui faceva vivere mia madre».

Makka

Makka racconta che era «raro che mio padre non ci pressasse o non ci insultasse. Dovevamo sempre avere paura. Se la prendeva per ogni cosa: per una serranda chiusa, per un piatto non lavato, per un filo di polvere. Così insultava mia madre. Diceva: “Vedi come educhi i tuoi figli?”. Dovevamo sempre temerlo». Poi l’acquisto del coltello: «Non so spiegare. In quel momento non c’erano altre opzioni ma non avevo intenzione di fare quello che ho fatto dopo. Volevo difendere mia madre e me stessa, volevo allontanare quell’uomo grande, più forte di me. In casa c’erano solo piccoli coltelli. Pensavo che non bastassero a fargli paura. Fisicamente gli bastava un pugno per farci male. Quando picchiava mia madre non usava tutta la forza. Da giovane praticava karate e box».

Trascinate per i capelli

Nel suo diario Makka ha scritto che il padre trascinava te e tua madre per i capelli di fronte ai tuoi fratelli maschi, per mostrare loro come educare le donne: «Era la sua cultura. Lui è cresciuto in un posto dove le donne non valgono niente. Così lo insegnava ai mie fratelli dicendo: “Dovete essere uomini e per esserlo dovete picchiare la donna se non ti ascolta”. La sua era una questione di cultura, non di religione. La religione è un velo per nascondere la disumanità». Lei, dice, è credente e musulmana: «Ma la religione viene manipolata dagli uomini per fare quello che vogliono».

L’amore

E conclude: «Quando il giudice mi ha detto che come imputata avrei potuto mentire, mi è sembrato strano. Ho detto la verità: sono stata onesta. In ogni caso sono pronta ad accettare quello che sarà, sono consapevole che devo rispondere delle mie azioni». Ti sei mai innamorata? «La mia situazione sentimentale è inesistente. Un po’ per rispetto della mia fede, e se anche avessi voluto sgarrare non avrei mai potuto: mio padre controllava tutto. Me l’avrebbe impedito».

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