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Il «Brexit reset» e le nuove relazioni diplomatiche tra Regno Unito e Ue. Vertice a Londra il 19 maggio: cosa c’è sul tavolo?

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Dal suo insediamento, dopo 14 anni di dominio Tory, il premier britannico ha più volte confermato la propria intenzione di migliorare i rapporti tra Londra e Bruxelles, tracciando una netta discontinuità con il passato

Regno Unito e Unione europea non sono stati mai così vicini dall’uscita di Londra dal blocco. Dopo il divorzio di cinque anni fa, Sir Keir Starmer ha più volte ribadito di essere pronto a «resettare» i rapporti con l’Unione, pur senza mirare a un rientro formale. La partecipazione a inizio febbraio del premier al vertice informale dei capi di Stato e di governo dei 27, il primo per un leader britannico dall’uscita del Regno Unito nell’Ue, ha dimostrato ancora una volta la volontà del governo laburista di migliorare il clima tra le due sponde della Manica, compromesso dalla Brexit e dai precedenti governi conservatori. I piani concreti per una cooperazione più stretta, al momento fatti più di parole e strette di mano, che di accordi politici, potrebbero essere finalizzati il 19 maggio quando a Londra si terrà il primo summit post-Brexit con i presidenti della Commissione e del Consiglio Ue. Costruire «una relazione più stretta, insieme», è il messaggio lanciato dal presidente del Consiglio europeo António Costa, che presenzierà al vertice di maggio insieme a Ursula von der Leyen

Chiaro, sulla Brexit non si torna indietro, almeno nei prossimi anni. Riaprire questo capitolo è (forse) troppo divisivo, sebbene i sondaggi mostrino come molti Brexiteers, coloro che avevano votato in favore del “Leave” al referendum del 2016, si siano pentiti della scelta. Ma dal suo insediamento, dopo 14 anni di dominio Tory, Starmer ha più volte confermato la propria intenzione di migliorare i rapporti tra Londra e Bruxelles, tracciando una netta discontinuità con il passato. In particolare, tra i punti chiave della politica estera del Labour figura un nuovo patto di sicurezza tra i due blocchi. E, per certi versi, anche il viaggio di Carlo III in Italia può essere visto come un tentativo di riavvicinamento. La distensione è stata accelerata – ha spiegato la ministra delle Finanze del governo britannico al Financial Times – dall’ingresso di Donald Trump alla Casa Bianca e dalla sua guerra commerciale in atto. E allora, che il «reset» di Sir Keir Starmer abbia ufficialmente inizio (forse)

Cosa c’è sul tavolo? 

EPA/LUDOVIC MARIN / POOL MAXPPP OUT | Zelensky, Starmer e Macron

Il vertice di maggio mira a rafforzare la cooperazione fra Regno Unito e l’Ue in ambiti chiave, tra cui la sicurezza e la difesa, settori nel quale Londra può vantare una capacità di leadership e di contributo già dimostrata nella crisi ucraina, il commercio e l’economia. Lo ha detto la presidente della Commissione durante il colloquio telefonico con il primo ministro britannico pochi giorni fa. Sui primi due macro settori, il Regno Unito, grazie a Starmer, ha riacquistato una visibilità internazionale che mancava da tempo. Ha offerto ingenti aiuti all’Ucraina fin dall’inizio dell’invasione russa del 2022, indetto un summit per formare una «coalizione di volenterosi», da lui promossa assieme al presidente francese Emmanuel Macron per sostenere Kiev senza l’aiuto di Trump, e si è presentato, infine, come mediatore tra Europa e Washington, in un momento in cui il dialogo non è affatto semplice. Una trasformazione che gli è valsa il nome di Winston Starmer (il riferimento è a Churchill) sulla copertina di marzo dell’Economist. Così, a unire l’Ue nella sfida sull’Ucraina è proprio il premier di un Paese che non ne fa più parte. Quello che è certo è il «reset» delle relazioni tra i due blocchi è di fondamentale importanza per entrambe le parti. L’Unione europea, che si trova ad affrontare una serie di sfide geopolitiche senza precedenti – tra cui Trump, le minacce della Russia e un Medio Oriente instabile – ha bisogno di avvicinare i britannici in materia di politica estera, di sicurezza e di difesa, oltre che di lotta ai migranti, altro tema cruciale per Starmer. Ma non solo. 

Gli altri temi sul tavolo

Le crescenti tensioni geopolitiche, e l’enfasi sulla cooperazione in materia di sicurezza e difesa, rendono ancora più urgenti le discussioni in materia di commercio ed economia. La ministra delle Finanze britannica Rachel Reeves ha affermato che le mosse di Trump, passato dai dazi reciproci alla pausa di 90 giorni in meno di ventiquattrore, ha reso ancora più «imperativo» per il Regno Unito migliorare le relazioni commerciali post-Brexit con l’Ue, in vista del vertice di maggio. In un’intervista al Financial Times, la Cancelliera dello Scacchiere ha inoltre sottolineato che l’Uk «potrebbe sfruttare il caos scatenato dal presidente Usa presentandosi come luogo di stabilità» in cui investire. L’obiettivo è, però, «migliorare il commercio con i partner in Europa», ha detto. «Dalla Brexit, è stato più difficile per le aziende britanniche esportare in Europa, in particolare per le piccole imprese. Molte si sentono escluse dai mercati europei». Per questo motivo, il vertice del 19 maggio sarà un’opportunità «per rafforzare la nostra relazione e facilitare il commercio». Al tempo stesso, nel Regno Unito ci si aspetta che il nuovo quadro strategico possa portare Bruxelles ad attenuare le proprie posizioni su questioni commerciali, come gli accordi sanitari o le barriere non tariffarie. 

L’incognita sulla pesca

EPA/NEIL HALL | Il primo ministro britannico Keir Starmer

I funzionari dell’Ue hanno accolto con favore i tentativi di riavvicinamento di Londra, ma gli Stati membri – scrive Bloomberg – cercheranno di difendere i propri interessi nei futuri negoziati bilaterali. Due delle richieste di Bruxelles sono ormai note: l’ok alle concessioni ai pescatori degli Stati membri nelle acque britanniche, la mobilità dei giovani Under 30 tra Regno Unito e Stati membri, ma anche le politiche di frontiera con Gibilterra. Le prime informazioni ufficiali sulle richieste fatte dall’Ue dovrebbero arrivare nel summit di maggio. La ministra svedese per gli Affari europei Jessica Rosencrantz vorrebbe che la pesca fosse collegata a un patto di sicurezza. Parlando con Politico, ha affermato: «Per essere chiari, penso che sia davvero importante che Bruxelles e Londra collaborino in materia di difesa e sicurezza». Ma ha anche precisato che i governi dei 27 difficilmente approveranno un patto se non si trovano soluzioni anche per altre questioni «sensibili», come l’accesso delle flotte da pesca europee alle acque britanniche. Sempre il media statunitense evidenzia come sia la Francia, in particolare, a essere decisa a ottenere condizioni di pesca più favorevoli in cambio di un riavvio dei rapporti. Tuttavia, il governo britannico avrebbe respinto – spiega ancora Politico il piano dell’Ue di unire i colloqui sui diritti di pesca ad altri temi. Martedì 1° aprile, il ministro della Pesca del Regno Unito, Daniel Zeichner, ha infatti dichiarato davanti a una commissione parlamentare che non ci sarebbe stato «alcun collegamento» con i colloqui sulla sicurezza o la riduzione dei controlli alle frontiere per le merci. 

Spazio ai giovani

EPA/ANDY RAIN

Legata alla discussione sulla pesca, c’è anche il tema delicato della mobilità degli under 30. L’Ue sta, infatti, pressando il Regno Unito per permettere ai giovani europei di poter liberamente studiare e lavorare nel Paese (e viceversa) per un numero limitato di anni. Secondo il The Times, il piano, che con ogni probabilità verrà presentato il 19 maggio, avrà valenza reciproca, quindi anche per i britannici che vogliono spostarsi temporaneamente nel continente, e una serie di paletti sul modello di uno schema esistente con l’Australia. A partire da quello della durata: limitata ai due anni con la possibilità della proroga di uno. Non solo, il numero di giovani ammessi nel Regno verrebbe limitato annualmente dal ministero degli Interni britannico – a differenza di un piano di mobilità simile proposto nei mesi scorsi da Bruxelles – e per loro sarà previsto il pagamento di un contributo per poter usufruire del servizio sanitario nazionale (Nhs) e l’impossibilità di accedere al sistema di sussidi pubblici. I vincoli rigidi sono pensati per limitare le inevitabili polemiche sull’iniziativa rispetto alle promesse fatte da Starmer di ridurre l’immigrazione regolare e quella illegale. E il primo ministro britannico ha un grosso problema con la gestione politica dei flussi migratori nel Paese, ma non può permettersi di lasciare campo libero a Nigel Farage, che sta guadagnando terreno nei sondaggi.

Foto copertina: ANSA / ADAM VAUGHAN / POOL | Il primo ministro britannico Keir Starmer durante una visita a una fabbrica, 7 aprile 2025

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