L’attore Yuri Tuci e il suo autismo “ad alto funzionamento”: «I pianti, il bullismo, le crisi: recitare mi ha reso felice»


Yuri Tuci è un autistico ad alto funzionamento. Ha 41 anni e vive a Prato con i genitori. È il protagonista del film La vita da grandi. «L’ho scelto non perché è autistico, ma perché è un attore formidabile», ha detto la regista Greta Scarano, che l’ha voluto accanto a Matilda De Angelis, Ora lui è molto contento: «I follower aumentano, mia madre è orgogliosa di me. Lei e mio padre, all’anteprima del film, si sono emozionati totalmente». Su internet ha scritto di essere ingrassato di 10 chili per avere la parte, ma non è vero: «Li avevo già di mio, ma è un segreto». Perché «sono il bagaglio culturale che mi sono portato dietro per il ruolo», dice al Corriere della Sera.
Attore formidabile
Yuri spiega a Candida Morvillo che deve il suo successo «alle recite delle elementari. Da lì, ho scoperto di avere la recitazione nei geni. Alle medie, ho recitato in Mary Poppins e nel Giardino segreto , poi, non è successo niente fino al 2018, quando, in un locale, ballavo ininterrottamente da tre ore e un ragazzo mi chiede: ma di che ti fai? Gli ho risposto: non mi drogo, è solo adrenalina e autismo. Quel ragazzo si chiamava Lorenzo Clemente e mi ha convinto a scrivere a sei mani, con lui e Francesco Gori, Out is me». A 18 mesi i suoi hanno scoperto il suo autismo: «Ho iniziato a esplodere in crisi incredibili di pianto, non andavo in braccio alle altre persone, mi prendevano tremolii, avevo paura di entrare nei negozi».
A 18 anni
A 18 anni invece «per la prima volta, qualcuno ha dato un nome ai miei disturbi e ho iniziato dei percorsi con gli educatori in un centro di salute mentale». Prima «sapevo solo di essere arrabbiato con tutti e pensavo che fosse colpa mia». Tra i suoi comportamenti ossessivi «il primo è stato strizzarmi di continuo il naso sull’orsacchiotto, finché ho avuto un’emorragia e ne sono rimasto talmente scioccato che ho smesso di botto. Poi, picchiavo la testa contro il muro, i pugni contro il muro. Quello è stato uno dei periodi più brutti. E sono stato manesco, prima di avere consapevolezza e diagnosi. Me ne vergogno tantissimo, ma l’autismo era ai massimi e, non sapendolo, non prendevo psicofarmaci. Ho provato a uccidermi anche. Per fortuna, non sono morto: se no, come avrei fatto a fare tutte le cose belle che ho fatto nella vita?».
Il bullismo
Come il protagonista del film è stato bullizzato: «Due volte. Alle medie, una professoressa mi ha appiccicato al muro perché ero iperattivo. Non lo potrò dimenticare mai. Poi, alle superiori, un bullo ha cercato di strangolarmi con un cavetto elettrico, ma gli ho dato un morso che gli ho quasi staccato il pollice. Non c’è cosa peggiore di un buono che diventa cattivo». “Ad alto funzionamento” significa «che, se ho avventure positive, l’adrenalina mi dà mille battiti al secondo. Poi, che ho il privilegio di trovare sempre gente con cui legare. Alcuni autistici non amano la compagnia, io sì. Di questi tempi, se non siamo sociali è controproducente: nella solitudine, nascono i deliri per piombare in pazzia e depressione». Ai genitori con figli autistici direbbe «di non vergognarsi e di aiutarli a tirare fuori i loro talenti. Di non smettere di sognare con loro».