«Anche la spesa è assistenza». La vittoria di Sergio Zelli contro Cotral, che lo accusava di essere un furbetto della 104


Anche la spesa è un’attività di assistenza. È questo il principio che ha portato i giudici della Corte d’Appello ad assolvere Sergio Zelli, autista della compagnia di trasporti pubblici di Roma Cotral divenuto noto come uno dei «furbetti della 104» per via dell’uso fatto del tempo ottenuto, in teoria, per prestare assistenza alle persone disabili. Tempo che, hanno stabilito i giudici, Zelli ha effettivamente dedicato al suocero, pur non passandolo tutto al suo capezzale. La Corte d’Appello si è espressa in seguito alla sentenza della Cassazione, che l’uomo aveva interpellato dopo che, la prima volta, in secondo grado era stato giudicato colpevole. A dare conto della vicenda è l’edizione romana del Corriere della Sera.
Il 40% del tempo al capezzale, il resto «attività personali»
Cotral contestava al dipendente di aver passato con il suocero per cui aveva richiesto assistenza appena il 40% del tempo richiesto, dedicando il rimanente a quelle che l’azienda definiva «attività personali». Versione che non ha trovato d’accordo gli Ermellini. Avevano scritto i giudici della Cassazione: «Va tenuto conto non soltanto delle prestazioni di assistenza diretta alla persona disabile, ma anche di tutte le attività complementari ed accessorie, comunque necessarie per rendere l’assistenza fruttuosa ed utile, nel prevalente interesse del disabile avuto di mira dal legislatore. In questo senso rileveranno le attività (e i relativi tempi necessari) finalizzate ad esempio all’acquisto di medicinali, al conseguimento delle relative prescrizioni dal medico di famiglia, all’acquisto di generi alimentari e di altri prodotti per l’igiene, la cura della persona e il decoro della vita del disabile, o infine alla possibile partecipazione di quest’ultimo ad eventi di relazione sociale, sportiva, religiosa…».
La vittoria di Zelli
Così, Cotral dovrà risarcire Zelli dei danni subiti in un lungo processo nel corso del quale era stato reintegrato dopo il licenziamento, grazie alla decisione dei giudici di primo grado, e poi espulso nuovamente quando l’Appello gli aveva dato torto. Solo che nel frattempo l’uomo è andato in pensione. «Ho avuto gravi conseguenze economiche e anche penali», ha dichiarato Zelli che ora aspetta gli stipendi non ricevuti.