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Alessandro Sallusti, il nonno fascista e Giorgia Meloni che «non ha fatto granché, ma ha bisogno di dieci anni»

14 Aprile 2025 - 06:45 Alba Romano
alessandro sallusti giorgia melon
alessandro sallusti giorgia melon
Il nuovo libro e Feltri che «lancia improperi contro quelli che in campo ci stanno ancora»

Alessandro Sallusti ha scritto un nuovo libro, L’eresia liberale, presto pubblicato da Rizzoli. Oggi al Corriere della Sera ricorda che suo nonno Biagio fu fucilato dai partigiani: «Se lei cerca il mio nome su Wikipedia, la prima cosa che scrivono è che avevo il nonno fascista. Come una lettera scarlatta, come una condanna inappellabile. Non so se mio nonno fosse davvero fascista. Certo non era un gerarca. Era un ufficiale dell’esercito. Come tanti, dopo l’8 settembre si schierò con quella che si è dimostrata la parte sbagliata della storia». E spiega ad Aldo Cazzullo: «Con la Repubblica sociale c’era anche Dario Fo. Giorgio Napolitano prima di essere comunista è stato fascista. Come Eugenio Scalfari. Come Gaetano Azzariti, collaboratore di Togliatti, primo presidente comunista della Corte Costituzionale, che era stato presidente della Commissione sulla Razza…».

Il nonno di Sallusti

Il giornalista spiega che era legatissimo alla nonna Lina. Mentre del nonno gli dicevano «che era morto. Sì, ma com’è morto? “È morto in guerra”. In guerra, ma come? “Sai, la guerra è una brutta cosa…”. Risposte vaghe. Non capivo. Ma alla curiosità naturale di un bambino si univa l’esigenza di comprendere perché il nonno non c’era più. Finché scoprii la verità. A scuola. Avevo dodici anni, facevo la prima media. Il manuale di storia era un libro Laterza. Per prima cosa, come fanno i ragazzi, guardai l’appendice, dove c’erano le foto. E vidi due lettere, una accanto all’altra. Lettere di due condannati a morte. Posso leggerle la prima? “Mia cara e non abbastanza adorata, le parole dell’aureo motto che dice “quando alla patria si è dato tutto non si è dato abbastanza” non sono mai state per me, come tu sai, vuote di senso… Che la mia sorte contribuisca alla pacificazione degli animi di questa martoriata Italia e che finalmente tutti gli italiani ritrovino la via che conduce alla salvezza e alla rinascita dell’Italia”. La firma era quella di Biagio Sallusti. Ho subito pensato: ma questo è mio nonno! Nessuno mi aveva mai detto che era stato fucilato».

Il partigiano

L’altra lettera «era di Giancarlo Puecher, il partigiano fucilato in seguito alla sentenza del tribunale presieduto da mio nonno: “Iddio mi ha voluto, accetto con rassegnazione il suo volere… Voi giovani d’Italia seguite la mia via e avrete il compenso della vostra lotta ardua nel ricostruire una nuova unità nazionale”». Quasi le stesse parole di suo nonno. «Due italiani che vanno a morire su fronti opposti scrivono le stesse cose: pacificare, riunire, rinascere, ricostruire l’unità nazionale. Che fosse un editore di sinistra come Laterza a fare l’accostamento era un segnale prezioso».

Racconta perché il nonno ha fatto uccidere Puecher: «Alcuni miliziani erano stati uccisi. Vennero arrestati partigiani considerati responsabili. Il presidente del tribunale era fuggito, il suo vice pure. Il nonno era il comandante militare della piazza di Como. Deve aver sofferto per quella sentenza di morte: i condannati dovevano essere quattro, lui riuscì a farli scendere a uno. Certo condannare a morte un ragazzo è una cosa orribile. Ma è orribile anche quello che fecero dopo alla sua famiglia».

La violenza alla nonna

Ovvero: «Mia nonna fu violentata. La casa devastata. Mio padre Alberto, che era il primogenito, e i suoi fratellini furono ridotti alla fame, hanno vissuto per anni grazie all’assistenza cattolica». Quando ha saputo la verità «ne parlai con mia nonna. E lei mi disse: “Ti ricordi Alessandro quel baule che una volta l’anno porto sul terrazzo e apro per dargli aria? Ecco, in quel baule c’è tutto quello che ci hanno restituito di tuo nonno”». Mentre lui votò «per la prima volta nel 1976. A mio padre dissi che votavo Msi, per non ferirlo. Avevo deciso per il Pli di Zanone. Ma poi lessi sul Giornale l’articolo di Montanelli che invitava di fatto a turarsi il naso e votare Dc; e votai Dc, per impedire la vittoria dei comunisti».

Giorgia Meloni non ha fatto granché

Di Giorgia Meloni invece pensa che «è una novità. Non le interessa durare; vuole cambiare il Paese. Finora non ha fatto granché, è vero. Ma ha bisogno di dieci anni. Le si chiede conto di una storia da cui è stata generata: una genealogia culturale, non fisica. Però ai politici del Pd non viene mai chiesto conto della tradizione diversamente ma altrettanto illiberale e antidemocratica da cui vengono».

I rapporti con Feltri

Infine, Sallusti parla dei rapporti con Vittorio Feltri: «I suoi con me sono pessimi, i miei con lui sono ottimi, Io ringrazio il destino di aver giocato con Maradona: perché il Feltri degli anni 90 e dei primi anni 2000 era il Maradona del giornalismo. Ma un Maradona sovrappeso di venti chili non può giocare. L’età ora lo costringe a bordocampo. E lui lancia improperi contro quelli che in campo ci stanno ancora».

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