Missioni internazionali, spunta l’ipotesi di «forze ad altissima prontezza operativa» da usare per crisi o emergenze (o per affiancare la Nato)


Un nuovo strumento operativo entra nell’orizzonte delle missioni internazionali italiane: si chiamano «Forze ad alta e altissima prontezza operativa», e avranno il compito di intervenire rapidamente in caso di crisi o situazioni di emergenza. Il dispositivo, che potrà essere impiegato anche per rafforzare il contingente nazionale all’interno delle forze di reazione Nato, avrà un costo stimato di quasi 30 milioni di euro. È questo uno dei punti salienti emersi oggi alla Camera dei deputati, durante la discussione generale sulla partecipazione dell’Italia alle missioni internazionali sulla base della relazione delle commissioni affari Esteri e Difesa. Focus anche sulla relazione analitica delle operazioni riferite al 2024 e alla loro eventuale proroga per l’anno in corso. La maggioranza, nonostante le divisioni dell’ultimo periodo in materia di Difesa, ha presentato una risoluzione unitaria a prima firma Giangiacomo Calovini (FdI) a cui si aggiungono le cinque risoluzioni delle opposizioni sottoscritte da Avs, Pd, Movimento 5 stelle, Italia Viva e Azione. Le risoluzioni dovrebbero essere votate mercoledì.
Le missioni internazionali
Tra le novità, c’è l’introduzione delle “Forze ad alta e altissima prontezza operativa”, pronte ad intervenire rapidamente in caso di crisi o emergenze, in aree dove già operano contingenti nazionali o dove è necessario un piano nazionale specifico. Il focus delle missioni italiane per il 2025 si concentra sul Mediterraneo, i Balcani e l’Indo-Pacifico, con la conferma delle missioni in Bosnia ed Erzegovina per il loro percorso di adesione all’Unione Europea e l’assistenza militare all’Ucraina. In Medio Oriente, prosegue il coinvolgimento italiano nelle missioni Unifil e Unibil in Libano per stabilizzare la zona tra Israele e Libano. L’Italia continua anche a partecipare all’Operazione Levante per gestire la situazione tra Israele e Hamas, puntando a contenere le tensioni. In Nord Africa, il paese supporta la stabilizzazione della Tunisia e continua a sostenere l’azione del rappresentante speciale Onu per la Libia, «mantenendo fermo l’impegno» assunto con il memorandum firmato nel 2017 dal governo Gentiloni con la Libia.
Pd: «Forti perplessità per relazioni con Libia»
Il Pd ha espresso «forti perplessità» sulle missioni internazionali dell’Italia previste per il 2025. «Non possiamo limitarci agli aspetti militari, securitari, serve un’integrazione concreta con missioni di cooperazione e sviluppo», ha sottolineato il deputato dem Fabio Porta durante il dibattito parlamentare. «Non possiamo tacere – spiega il collega Nicola Carè – sulla discussione di alcuni principi», riferendosi in particolare al rinnovo della missione bilaterale di supporto alla Guardia costiera libica. «Non possiamo continuare a finanziare un apparato che, secondo numerosi rapporti internazionali, è responsabile di gravi violazioni dei diritti umani». Sul fronte africano, il partito ha sollevato interrogativi anche sul cosiddetto Piano Mattei: «Se ne parla molto, ma nei fatti si tratta ancora di operazioni non ben definite, prive di una struttura trasparente, e a cui mancano – tra le altre cose – risorse adeguate».
M5s: «Deriva bellicista»
«Ciò che emerge da questi documenti è una preoccupante incoerenza normativa, una deriva che non fa parte della nostra cultura come Movimento 5 Stelle, troppo inclinata verso una visione bellicista – afferma il deputato pentastellato Francesco Silvestri – L’Italia non può e non deve rinunciare alla diplomazia per abbracciare la logica della guerra». Riguardo al conflitto in Medio Oriente, Silvestri aggiunge: «Israele ha bloccato gli aiuti a Gaza, violando ogni principio di diritto internazionale. Noi chiediamo all’Italia di fare di più, sostenendo attivamente il piano per la ricostruzione della Striscia. Non possiamo essere complici di chi sostiene questa situazione». Anche il M5s si oppone alla proroga di ammissione di supporto alle Guardia costiera libica.
Avs: «Agire con la diplomazia»
«Agire non significa correre verso le armi, ma agire attraverso la diplomazia. Non dobbiamo trasformare l’Europa in un blocco militare. Per questo motivo siamo contrari a molte delle proposte del governo, in particolare a quelle che sostengono i tiranni», afferma Francesca Ghirra di Avs. La richiesta di riconoscere lo stato di Palestina è ribadita con forza, sottolineando l’urgenza di intraprendere una grande azione diplomatica per arrivare a una soluzione permanente. Sulla questione ucraina, i ventisette Stati membri dell’Unione Europea «non sono riusciti a definire una strategia politica e diplomatica chiara». Riguardo alla Libia, gli esponenti di Avs esprimono «totale contrarietà» a missioni che prevedono collaborazioni con le autorità libiche.