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Titanic, in un documentario spuntano nuove verità: dagli ingegneri eroi ai fori grandi quanto un foglio A4

14 Aprile 2025 - 15:58 Gabriele Fazio
«Titanic: The Digital Resurrection» racconta il lavoro del professor Jeom-Kee Paik dell'University College di Londra, che ha studiato una nuova mappatura digitale 3D a grandezza naturale del relitto

L’orchestra del Titanic, quella che suonò fino alla fine senza neanche provare a ritagliarsi un posto sulle scialuppe di salvataggio, è diventata un’icona assoluta di coraggio e fatalismo. Oggi un nuovo documentario di National Geographic, Titanic: The Digital Resurrection, potrebbe regalarci nuove sorprese. Nel film si segue il lavoro del professor Jeom-Kee Paik dell’University College di Londra, che avrebbe studiato una nuova mappatura digitale 3D a grandezza naturale del relitto della nave affondata il 14 aprile 1912 che causò la morte di circa 1500 passeggeri. Quel relitto oggi giace a 3.800 metri di profondità nelle gelide acque dell’Atlantico, per realizzare il progetto sono state scattate oltre 700mila foto da ogni angolazione possibile, in modo tale da realizzare quello che è stato definito come un “gemello digitale” del transatlantico, buono per studiarlo come mai è stato possibile fare prima. Le scoperte fatte sono infatti molto interessanti, per esempio la scansione mostra che poiché la nave ha urtato l’iceberg solo di striscio, questa ha riportato una serie di forature grandi quanto fogli A4 che correvano in linea lungo una stretta sezione dello scafo. Ora, ai tempi si pensava che il Titanic fosse inaffondabile, il clamore attorno al varo di quella che era la più grande nave del mondo, derivava in parte proprio dal progetto, dal fatto che potesse rimanere a galla anche se quattro dei suoi compartimenti stagni si fossero allagati. Ma la simulazione calcola oggi che i danni causati dall’iceberg sono stati distribuiti su sei compartimenti, due in più del previsto, per questo il Titanic affondò. «La differenza tra l’affondamento e il non affondamento del Titanic risiede nei sottili margini di fori grandi quanto un foglio di carta», ha affermato infatti Simon Benson, professore associato di architettura navale presso l’Università di Newcastle.

Gli ingegneri eroi

«Il Titanic è l’ultimo testimone oculare sopravvissuto al disastro e ha ancora storie da raccontare», ha affermato alla BBC Parks Stephenson, noto analista del Titanic, commentando questa nuova ricerca. L’ultima storia raccontata è assai appassionante e commovente e ricorda molto quella dell’orchestra del Titanic, che non fu l’unico “team” a proseguire integerrimo e consapevole della fine nefasta. Pare infatti che durante l’affondamento le luci del transatlantico non si spensero mai, favorendo così le manovre di salvataggio delle scialuppe. Quelle luci si devono agli ingegneri della nave guidati da Joseph Bell, che continuarono a spalare carbone nelle fornaci. «Hanno tenuto accese le luci e l’elettricità fino alla fine, per dare all’equipaggio il tempo di calare in acqua le scialuppe di salvataggio in sicurezza, con un po’ di luce anziché nel buio più assoluto – racconta Parks Stephenson – e sono tutti morti».

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