In bici da Novi Sad a Strasburgo per chiedere aiuto all’Ue. Parlano gli studenti serbi: «Non chiediamo sanzioni ma verità»


Millequattrocentosettantasei sono i chilometri che “dividono” Novi Sad da Strasburgo. La Serbia dalla Francia, l’Unione europea e la speranza di farne parte. 1.476 sono i chilometri percorsi in bicicletta, in 13 giorni e attraverso sei Paesi, da circa 80 studenti serbi per denunciare la corruzione, chiedere «giustizia e riforme democratiche» e «sensibilizzare l’Europa sull’importanza delle proteste» che da mesi agitano il Paese balcanico, spiegano gli studenti a Open. Quella che era cominciata come un singola manifestazione dopo il crollo del 1° novembre di una pensilina nella stazione di Novi Sad che ha causato la morte di 16 persone, si è trasformata in un vero e proprio movimento nazionale. «Sono così orgoglioso di aver fatto parte di questo progetto: un gruppo di 80 studenti che parte dalla Serbia, pedala per 13 giorni consecutivi per oltre 1.400 chilometri, e arriva a Strasburgo. Abbiamo fatto la storia», ci dice uno dei partecipanti. Dopo aver attraversato Budapest, Vienna, Monaco e Stoccarda, gli studenti sono stati accolti dai membri del Parlamento europeo e del Consiglio d’Europa nella città del nordest della Francia, ai quali hanno presentato le loro istanze e illustrato l’attuale, e complicata, situazione nel Paese guidato da Aleksandar Vučić, da oltre dieci anni al potere.
«La Serbia ha bisogno del sostegno dell’Europa»
«Ci rivolgiamo a voi come giovani che hanno deciso, a causa dell’ingiustizia e della mancanza di un dialogo nel nostro Paese, di venire qui in bicicletta – hanno detto davanti al Consiglio d’Europa dove uno studente ha letto una lettera indirizzata anche al presidente francese Emmanuel Macron -. La nostra missione è semplice, ma importante: viviamo in un Paese in cui le istituzioni servono gli interessi di una ristretta cerchia di governanti, dove i media sono sotto pressione, le elezioni sono truccate e il pensiero critico è preso di mira. La Serbia ha bisogno del sostegno dell’Europa – prosegue -. Non chiediamo sanzioni, ma un po’ di verità e soprattutto responsabilità. Non siamo venuti qui per fuggire dalla Serbia, ma per farvi ritorno».
«Sono consapevole che, in quanto paese non appartenente all’Ue – spiega a Open un altro studente che ha preso parte al viaggio – abbiamo possibilità limitate, ma credo che solo il messaggio che abbiamo portato alle persone nei paesi che abbiamo attraversato, e il numero di persone che ha sentito parlare di noi e della situazione in Serbia, sia già sufficiente a generare una certa pressione internazionale per aiutarci». Ora è arrivato il momento di fare ritorno «a casa», ma «continueremo a protestare affinché le istituzioni facciamo il proprio lavoro come dovrebbero, in modo democratico e secondo la legge. Non ci fermeremo – continua – finché le nostre richieste non verranno soddisfatte». L’obiettivo dei giovani serbi è chiaro: «Non ci interessano i singoli nomi al potere, ma crediamo che debba esserci un sistema in grado di prevenire la corruzione indipendentemente da chi governa, e vogliamo – conclude – che le istituzioni siano restituite al popolo». Intanto, l’eurodeputata slovena Irena Joveva – scrive N1 – ha sottolineato la volontà di programmare un incontro con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, per discutere della situazione nel Paese della Penisola balcanica.
Le proteste in Serbia e il nuovo premier
In Serbia continua intanto la mobilitazione contro il presidente e contro il governo. A Belgrado e Novi Sad vanno avanti da lunedì 14 aprile raduni dinanzi alle sedi della tv pubblica Rts e della emittente regionale della Voivodina Rtv, colpevoli di non riferire in maniera corretta e obiettiva sulle iniziative del movimento di protesta. Nella capitale serba, nelle prime ore di mercoledì vi sono stati momenti di tensione quando i dimostranti hanno cercato di impedire a un veicolo della polizia di lasciare la zona dopo che gli agenti avevano scortato giornalisti e dipendenti al loro ingresso nell’edificio per recarsi al lavoro. A Kraljevo, nel sud del Paese, è stata organizzata per l’intera giornata odierna una protesta degli studenti, con cortei e blocchi stradali nei punti principali della città.
Alle proteste di piazza, il governo ha risposto con la nomina di un nuovo premier: Đuro Macut, un endocrinologo senza alcuna esperienza politica. «La Serbia è stanca di divisioni e blocchi», ha dichiarato mercoledì il neoeletto primo ministro, presentando la squadra proposta in Parlamento. L’Ue si aspetta invece che il «nuovo governo sia favorevole alle riforme», ha replicato la Commissaria europea all’Allargamento Marta Kos in un’intervista all’European Newsroom, il pool di agenzie di stampa europee. «La Serbia deve essere riportata sui binari dell’Europa: siamo disposti a fare tutto il possibile, insieme alla Commissione europea, affinché ciò avvenga», ha concluso.
Foto copertina: ANSA / RONALD WITTEK | Studenti serbi a Strasburgo