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Come sta Sergio Mattarella, ricoverato per l’impianto del pacemaker: «La ripresa è rapida, ora una settimana di riposo»

sergio mattarella ricoverato pacemaker come sta
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Il presidente della Repubblica verso le dimissioni dall'ospedale prima di Pasqua. Gli esperti spiegano la necessità del dispositivo elettronico

Dopo l’impianto del pacemaker a Sergio Mattarella servirà una settimana di riposo. Ma la ripresa è rapida e la vita per i pazienti migliora. Il presidente della Repubblica è stato ricoverato ieri all’ospedale Santo Spirito di Roma. All’inizio si era parlato di problemi cardiaci, ma poi il Quirinale ha fatto sapere che l’intervento era programmato. E serviva, appunto, all’impianto di un pacemaker. Il ricovero potrebbe durare in totale 48 ore per permettere al presidente di trascorrere a casa le festività di Pasqua. Mentre l’udienza per l’assegnazione dei Premi Leonardo è stata annullata nel tardo pomeriggio di ieri.

Le dimissioni di Mattarella

Resta invece confermato il primo appuntamento programmato per la prossima settimana. Si tratta dell’incontro, previsto per il pomeriggio del 23 aprile, con gli esponenti delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma, nella ricorrenza dell’ottantesimo anniversario della Liberazione. A confermare che si sia trattato di un intervento programmato anche la circostanza che, subito dopo la cancellazione dell’udienza di domani, Mattarella sia apparso in pubblico per ricevere al Colle il primo ministro del Montenegro, intrattenendosi con lui in conversazione. Mattarella ha compiuto 83 anni. A luglio ne compirà 84 ed è al suo decimo anno al Colle. Forse, dopo aver manifestato da alcuni giorni problemi cardiaci, insieme ai suoi medici di fiducia e dopo un ulteriore consulto ha deciso di accelerare i tempi.

Cos’è un pacemaker

Un pacemaker è un dispositivo elettrico grande come una moneta da due euro che viene posto sottopelle nei pazienti affetti da bradicardia, cioè con un ritmo del cuore troppo lento. Le patologie normalmente collegate a questo tipo di intervento, spiega al Giornale Pasquale Perrone Filardi, presidente della Società italiana di cardiologia, sono legate «a un rallentamento severo dei battiti cardiaci che non dovrebbero scendere sotto i 55 al minuto. Queste brachicardia possono realizzarsi per un invecchiamento del sistema elettrico del cuore o legate ad altre patologie come la fibrillazione atriale».

Il pacemaker interviene quando c’è un rallentamento del battito, sostituendosi all’impulso elettrico. «È l’intervento in cardiologia più frequente e nelle persone dopo i 70 anni e la ripresa è immediata. Bastano solo pochi giorni di degenza perché il dispositivo si ancori bene ai tessuti cardiaci», conclude il professore. In Italia si eseguono 50 mila impianti di pacemaker l’anno e l’età media dei pazienti è di 81 anni.

La qualità della vita

Achille Gaspardone, primario cardiologo del Sant’Eugenio di Roma, spiega al Corriere della Sera che il pacemaker è «una specie di piccola scatola con una batteria alla quale sono attaccati degli elettrodi che il cardiologo fa scorrere lungo le vene fino a raggiungere il cuore che viene così aiutato a svolgere la sua funzione in modo ottimale». La batteria si sistema sotto la cute all’altezza della clavicola. Tutto avviene dall’esterno. La procedura richiede circa un’ora. Un pacemaker va cambiato periodicamente: «La batteria non dura meno di 5 o 6 anni e può arrivare fino a 10 anni. I controlli sono semestrali». La qualità della vita «migliora. Il paziente torna a stare bene e solitamente dopo una settimana di riposo può riprendere la normale attività lavorativa». I dispositivi moderni sono amagnetici, quindi non interferiscono con metal detector o apparecchi di risonanza magnetica.

Una settimana di riposo

Secondo Antonio Curnis, che dirige il servizio di elettrofisiologia e elettrostimolazione degli Spedali Civili di Brescia, «nella maggioranza dei casi l’intervento viene programmato. Se in ospedale non c’è l’elettrofisiologo si può applicare un pacemaker esterno. È temporaneo. Ma ovviamente non è questo il caso». E spiega: «Noi di solito dimettiamo il giorno successivo all’intervento. Poi ci vuole una settimana di riposo perché le piccole ferite cicatrizzino per bene».

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