Trump crolla nei sondaggi dopo il caos dazi: -14% in tre mesi – I dati


Quando ha annunciato sui social e poi in pubblico la (mezza) retromarcia sui dazi universali, Donald Trump ha detto di esser tornato sui suoi passi per via delle lusinghe arrivategli dai governi di mezzo mondo, abbastanza freddi – Cina a parte – dall’evitare di imporre controtariffe agli Usa. Non certo perché i mercati negli Usa e in tutto il mondo nel frattempo erano crollati… E se c’entrasse invece, ancor più semplicemente, lo sguardo che Trump e i suoi avevano dato ai primi sondaggi dopo l’annuncio dei dazi? Ora che è passato qualche giorno, quei dati si sono consolidati, e trasmettono il senso di un vero e proprio allarme rosso per la Casa Bianca. Secondo l’ultima rilevazione di YouGov per l’Economist, a poco meno di tre mesi dal suo ritorno al potere il consenso di Trump sarebbe già crollato di 14 punti percentuali. Già all’inizio del primo mandato la delusione degli americani cominciò ad emergere prima, ma questa volta il collasso è impressionante: nel 2017 alla fine dello stesso periodo il calo era stato di cinque punti. Pare evidente come a trainare la frustrazione, che serpeggia pure fra i suoi elettori, siano le questioni economiche. La fiducia nelle capacità di Trump di guidare l’economia è crollata a partire da marzo sino a toccare ora quota -7. Cosa forse più preoccupante per la Casa Bianca, uno su cinque tra chi ha votato Trump nel 2024 disapprova la sua gestione di inflazione e prezzi, e il 12% la gestione dell’economia e dell’occupazione. Pochi giorni fa un altro sondaggio dell’Università del Michigan aveva fotografato il pessimismo crescente tra gli elettori repubblicani sulle prospettive dell’economia.
La delusione per le scelte economiche e il ruolo del Congresso
C’entra ovviamente il caos di annunci, reazioni di governi e mercati e marce indietro sui dazi, coi relativi effetti già visibili su crescita, scambi commerciali, investimenti e risparmi. Ma c’entrano pure secondo l’Economist i tagli radicali voluti da Trump e eseguiti dal Doge di Elon Musk al bilancio federale Usa, che hanno portato alla chiusura pure di programmi cari a elettori di Trump, come quelli di aiuti agli agricoltori. Se i segnali critici sull’economia dovessero crescere e portare gli Usa in recessione, la situazione dei consensi rischia di peggiorare. Non che sia in discussione la presa di Trump sugli elettori repubblicani – il 92% si dichiara tuttora entusiasta di lui, e il bagno di folla dello scorso weekend alla finale Utc di Miami lo ha ricordato – ma il discorso si fa assai più delicato quando si tratta di conservare il consenso dei swing voters, quegli elettori incerti tra Democratici e Repubblicani che a novembre gli hanno garantito un solido successo, e che già alle elezioni di mid-term del prossimo anno potrebbero invece abbandonarlo. Significherebbe, per Trump, perdere il controllo del Congresso: di fatto, mettere in archivio l’era dell’«onnipotenza» di cui, a torto o a ragione, si sente depositario in questa prima fase del mandato presidenziale.