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Giorgetti sul vertice Trump-Meloni: «Clima positivo, ma agenda complicata». Poi il retroscena sull’aumento delle spese militari – Il video

17 Aprile 2025 - 18:07 Ugo Milano
Il ministro dell’Economia anticipa i temi dell’incontro tra la premier e il presidente Usa e spiega perché gli Stati Uniti hanno avviato quest'operazione massiccia sui dazi

«Faccio delle previsioni: il clima all’incontro sarà positivo e favorevole perché c’è simpatia personale e nei confronti del Paese. Dopodiché, l’agenda è parecchio complicata». Così il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, intervenendo alla presentazione del nuovo settimanale economico del gruppo Angelucci, Moneta. Le sue parole anticipano i toni e i contenuti dell’atteso incontro tra la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.

I temi del vertice Trump-Meloni

Sul tavolo dell’incontro non ci saranno solo «i dazi, ma anche una serie di questioni bilaterali» complesse che, come ha spiegato Giorgetti, «vanno composte in un puzzle». Il riferimento è al difficile equilibrio tra interessi commerciali, strategici e politici nell’attuale un contesto internazionale. «La prospettiva di una guerra commerciale e il ruolo dell’Europa in tutto questo sono elementi fondamentali. Ma ce ne sono anche altri, altrettanto rilevanti. Continuo a ripeterlo: esiste un aspetto che potremmo definire come una “guerra valutaria”. Il valore del dollaro, e il suo rapporto con l’euro, può di fatto generare un dazio implicito», ha dichiarato.

Perché Trump ha messo i dazi

Sollecitato su cosa ci sia dietro l’operazione di Trump, Giorgetti risponde: «Trump prende le mosse da una situazione strutturale (che non riguarda solo il lungo periodo, ma risale quasi al “medioevo” economico): il disavanzo commerciale degli Stati Uniti è sempre stato compensato dalla capacità del Paese di attrarre capitali, grazie alla forza storica del dollaro. Un sistema in cui la Cina compra il debito pubblico americano e fornisce così le risorse agli americani per acquistare prodotti cinesi. Questo meccanismo, che per un po’ ha funzionato senza particolari implicazioni strategiche, ha mostrato tutta la sua fragilità durante la pandemia». E già Biden, ha continuato il ministro, «aveva cominciato ad adottare misure protezionistiche, anche se camuffate, come il National Reduction Act, che era chiaramente una misura protezionistica. Trump, invece, è entrato a gamba tesa, rendendo evidente ciò che Biden aveva solo suggerito: la necessità, oggi più che mai, di ridefinire le regole del commercio globale. E questo, secondo me, è l’aspetto positivo di tutta questa vicenda».

Giorgetti: «Il nemico di Trump è la Cina»

Il ministro ha poi offerto una lettura della visione strategica di Trump, mettendo in luce alcuni punti chiave: «Per l’amministrazione Trump il nemico strategico è la Cina. L’Unione europea non è un alleato senza se e ma, è un alleato». Il ministro ha anche sottolineato un altro aspetto cruciale delle relazioni con gli Stati Uniti: la preferenza, secondo lui evidente, dell’amministrazione Trump per trattative bilaterali. «Almeno per quanto riguarda la politica commerciale, la competenza è europea. Se vuol discutere di digital tax lo discute a livello bilaterale».

Il retroscena di Giorgetti sull’aumento delle spese militari

Nel frattempo, il ministro ha raccontato un retroscena dell’ultimo Consiglio Economia e finanza (Ecofin) dedicato alle spese per la Difesa. «Eravamo lì, nessuno prendeva l’iniziativa per dire né sì né no all’aumento dei fondi», ha detto. Finché, a un certo punto, ha preso la parola il ministro sloveno, sbottando: «Calma con questa storia dell’aumento generalizzato! Appena è circolata l’idea, i miei Stati maggiori, che non aspettavano altro, mi hanno mandato una lista della spesa infinita. Ma io, oggi come domani, non avrò mai i fondi per finanziarla. Bisogna mettere un freno e fare capire che non è gratis». «A quel punto», ha continuato Giorgetti ridendo, «uno dopo l’altro hanno cominciato tutti ad ammettere: anche a me è successa la stessa cosa, ma i soldi non ci sono». Poi il ministro ha aggiunto un aneddoto personale: «Quella famosa lista non era mai arrivata a me. L’ho chiesta più volte a Crosetto, lui diceva di averla mandata, ma in realtà non lo faceva mai. Forse temeva anche lui la mia reazione. Alla fine, l’altra sera me l’ha inviata davvero. Ma, onestamente, non ho ancora avuto il coraggio di aprirla»

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