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Google accusa di esser monopolista. Un altro processo perso. Il gigante tech: «Faremo appello»

17 Aprile 2025 - 23:49 Alba Romano
Secondo un tribunale della Virginia, negli Stati Uniti, la società ha acquisito e mantenuto un potere monopolistico nella pubblicità digitale, violando le leggi antitrust.

«Abbiamo vinto metà di questa causa e faremo appello per l’altra metà». Lo ha annunciato in una nota Lee-Anne Mulholland, vice presidente dei Regulatory Affairs di Google. «Il tribunale ha stabilito che i nostri strumenti pubblicitari e le nostre acquisizioni, come DoubleClick, non danneggiano la concorrenza. Non condividiamo la decisione della Corte riguardo ai nostri strumenti per i publisher. I publisher hanno molte opzioni e scelgono Google perché i nostri strumenti di tecnologia pubblicitaria sono semplici, convenienti ed efficaci», ha sottolineato. Una giudice distrettuale della Virginia, negli Stati Uniti, ha stabilito che la big tech ha acquisito e mantenuto volontariamente un potere monopolistico nella pubblicità digitale, violando le leggi antitrust.

Le accuse contro Google

Secondo la giudice Google ha «consapevolmente intrapreso una serie di azioni anticoncorrenziali» e causato «un danno significativo» ai suoi clienti. Nel gennaio 2023, l’amministrazione di Joe Biden aveva intentato causa contro il colosso della rete e il processo si è concluso nel novembre 2024 dopo tre settimane di udienze senza giuria. «I querelanti hanno dimostrato che Google ha consapevolmente adottato una serie di misure anticoncorrenziali per raggiungere e mantenere un potere monopolistico nei mercati dei server pubblicitari e dello scambio di annunci su Internet», ha concluso il giudice in una sentenza di 115 pagine pubblicata oggi. «Per più di un decennio, Google ha collegato il suo server pubblicitario e gli scambi pubblicitari attraverso clausole contrattuali e integrazione tecnologica, il che ha consentito all’azienda di stabilire e proteggere la sua posizione monopolistica in entrambi i mercati». E facendo così per il tribunale statunitense ha creato un «danno significativo» ai propri clienti e ha impedito ai rivali di competere con lei.

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