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Cingolani: «Il riarmo dell’Europa non si può rimandare» – L’intervista

17 Aprile 2025 - 05:46 Greta Ardito
Roberto Cingolani Leonardo
Roberto Cingolani Leonardo
Pubblichiamo un estratto dell'intervista all'Ad di Leonardo pubblicata sul nuovo numero della rivista Eco, in edicola dal 17 aprile

Pubblichiamo un estratto dell’intervista di Greta Ardito all’amministratore delegato di Leonardo ed ex ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, pubblicata sul nuovo numero della rivista Eco, diretta da Tito Boeri, in edicola da giovedì 17 aprile.

Roberto Cingolani, iniziamo dal piano di riarmo Readiness 2030: le risorse stanziate sono sufficienti a rafforzare la capacità di deterrenza dell’Unione europea?

«Non conosciamo ancora con certezza l’entità complessiva delle risorse. A oggi, credo che l’unico elemento confermato siano i 150 miliardi in prestiti, peraltro con misure e regolamenti ancora poco chiari. Quindi bisognerà attendere per capire meglio. Per quanto riguarda il resto dei fondi – la parte più consistente – mi sembrano tuttora molto incerti. Certo, il debito rimane debito: il fatto che non venga conteggiato ai fini del Patto di stabilità permette di evitare sanzioni, ma dovrebbe comunque essere contratto solo se davvero necessario. E in questo caso, credo lo sia. Detto ciò, se davvero si riuscisse a costruire un piano Rearm, Readiness, o come lo si voglia chiamare, credo che il momento di emergenza in cui ci troviamo – dal punto di vista della sicurezza globale del continente, delle minacce ai confini e anche di questa guerra assurda che si sta delineando all’interno della Nato tra Stati Uniti ed Europa – imponga un cambio di passo. L’Europa deve cominciare a pensarsi come un continente, non più come una semplice somma di Stati. E un piano di questo tipo può avere senso solo se accompagnato da finanziamenti consistenti. Quindi, in linea di principio, lo giudico positivamente. Certo, è un giudizio ancora generico, perché il piano dovrà misurarsi con aspetti fondamentali come la governance, le modalità di utilizzo delle risorse e anche con l’idea tecnologica che lo sostiene. Non devono essere soldi spesi affinché ogni Paese continui a sviluppare le proprie piattaforme di difesa in autonomia. Gli eserciti europei, nel loro complesso, contano circa 1 milione e 400 mila persone: è un numero importante. Il problema è che siamo la somma di 27 eserciti nazionali, ognuno con il proprio contributo. Se queste risorse venissero impiegate in modo meno frammentato, concentrandole su un numero limitato di piattaforme comuni, potremmo avvicinarci molto di più al modello statunitense».

In uno scenario in cui è necessario potenziare la nostra difesa, oggi quali sono, secondo lei, i principali limiti all’aumento della capacità produttiva in Europa?

«I problemi sono almeno tre, e tutti molto rilevanti. Il primo è legato alla nostra storia recente: abbiamo vissuto 80 anni di pace e ci siamo illusi che fosse una condizione permanente, gratuita, garantita da altri. Di conseguenza, abbiamo sempre prodotto armamenti in volumi molto contenuti. Oggi, invece, serve aumentare significativamente la capacità produttiva dell’industria della difesa. Il secondo problema è che non basta semplicemente costruire più elicotteri, più carri armati, più aerei. È necessario riprogettarli da zero. Devono essere piattaforme dotate di elettronica avanzata e in grado di comunicare tra loro, quindi interoperabili. Questo porta con sé una serie di complessità che toccano la produzione elettronica, l’approvvigionamento di terre rare, la catena di fornitura. Ci spostiamo quindi in altri settori. Il terzo problema riguarda le competenze: per sviluppare queste tecnologie servono moltissimi profili tecnico-scientifici, gli Stem. La Cina, ogni anno, forma 4,5 milioni di ingegneri; gli Stati Uniti circa un quinto; in Europa la cifra è trascurabile, sono appena 150mila. Ma queste trasformazioni richiedono cervelli, investimenti e capacità di integrazione. La carenza di queste risorse è un freno enorme all’accelerazione necessaria».

Il nuovo numero di Eco, in edicola da giovedì 17 aprile

Andremo mai in pensione? È la domanda attorno a cui ruota il nuovo nuovo numero di Eco, la rivista diretta da Tito Boeri, in arrivo da giovedì 17 aprile. La troverete, come sempre, in edicola e su rivistaeco.com: con un nuovo formato, una nuova veste grafica e analisi sempre di altissimo livello.

In copertina: L’Amministratore Delegato e Direttore Generale di Leonardo Roberto Cingolani – Roma, 2 dicembre 2024 (ANSA/FABIO CIMAGLIA)