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Il caffè avvelenato, la buca scavata, l’agguato in auto: il piano (fallito) per ammazzare il capo ultrà dell’Inter Andrea Beretta

18 Aprile 2025 - 15:09 Ugo Milano
inter bellocco beretta curva nord
inter bellocco beretta curva nord
Il frontman della Nord, Marco Ferdico, e il rampollo della 'ndrangheta Antonio Bellocco volevano farlo fuori per affari. Ora racconta tutto lo stesso Beretta

La fossa per il capo ultrà interista Andrea Beretta era già stata scavata, la calce per chiuderla già acquistata: i vertici della Curva Nord milanese avevano pensato a tutto. Un caffé avvelenato per stordirlo prima, e poi lo avrebbero ammazzato e sepolto, trafugando la sua macchina a Nizza per simularne una fuga. È lo stesso Andrea Beretta, collaboratore di giustizia dopo essere stato arrestato per aver accoltellato a morte Antonio Bellocco, a raccontare agli inquirenti di aver ricevuto una soffiata. Un piano architettato dal rampollo della ‘ndrangheta calabrese entrato da poco nel direttivo della Nord e da Marco e Gianfranco Ferdico, figlio e padre tra i più influenti nella curva interista coinvolti nella maxi inchiesta Due Curve. Una guerra sanguinosa e interna al tifo organizzato, che affonda le sue radici in un’altra uccisione – quella dell’ex frontman Vittorio Boiocchi – e negli affari illeciti per il merchandising dentro e fuori San Siro.

L’accusa di Antonio Bellocco e il tranello: «Prima il caffè con benzodiazepine, poi ti ammazzano»

Più fili rossi legano l’uccisione di Boiocchi a quella di Bellocco. Andrea Beretta è mandante del primo omicidio, autore materiale del secondo per «difendersi» dal presunto piano organizzato per farlo fuori. C’è poi il 29enne Daniel D’Alessandro, che nella Nord era noto come Bellebuono riprendendo uno dei personaggi della nota serie tv Gomorra. È lui che fredda con due colpi di pistola Boiocchi e che avverte Beretta della cospirazione per ucciderlo. È fine luglio 2024 quando il «nuovo arrivato» nel direttivo della curva, Antonio Bellocco, si incontra a Pioltello con Beretta e lo accusa apertamente di fare «la cresta» sul merchandising. Un mese dopo Bellebuono torna con i dettagli: «È venuto a casa mia a Cernusco sul Naviglio e mi ha spiegato che mi avrebbero convocato alla cascina. Mi ha detto: “Ti offriranno un caffè avvelenato con le benzodiazepine, poi ti uccideranno. Hanno già scavato la buca”», racconta il Berro agli inquirenti. La macchina di Beretta sarebbe poi stata portata in Francia, a Nizza. Qui il tifo della squadra cittadina è gemellato proprio con gli ultrà nerazzurri, quindi la “fuga” simulata sarebbe stata plausibile.

La visita alla cascina dei Ferdico, l’abbraccio e il caffè rifiutato

Bellebuono non lo fa per lealtà: «Mi ha detto che era già andato lui a prendere la calce viva per il mio cadavere», racconta Beretta. Lo fa per paura, perché anche lui come il Berro è isolato nel direttivo e sente che la Nord sta sempre più scivolando nelle mani di Bellocco e di Marco Ferdico, legato ai clan calabresi tramite un suocero e organizzatore per conto del Berro dell’omicidio di Boiocchi. Beretta non crede a Bellebuono ma il giorno dopo i due Ferdico lo convocano nella loro cascina. Lui lascia la pistola in macchina e viene accolto calorosamente da Marco, che lo abbraccia e gli dà una pacca sul giubbotto: «Avevo la sensazione che volesse come perquisirmi per cercare il ferro». Gli offrono un caffè, lui rifiuta e chiede un po’ di acqua. Poche ore dopo D’Alessandro torna da Beretta: il piano è cambiato, vogliono farlo fuori in un agguato.

L’omicidio di Bellocco e le indagini su «Bellebuono»

Da lì i giorni scorrono rapidi fino alla resa dei conti di fronte alla palestra Testudo di Cernusco sul Naviglio il 4 settembre scorso. Bellocco e Beretta sono seduti uno a fianco all’altro in una Smart. «Cos’è sta storia che vuoi ammazzarmi?», avrebbe chiesto il Berro al rampollo calabrese. A quel punto lo sparo, che colpisce di striscio Beretta. E i 49 fendenti con cui Totò «u’ Nano» viene massacrato. La sera dello stesso 4 settembre, Beretta – dal lettino dell’ospedale San Raffaele – inizia a raccontare agli inquirenti gli avvenimenti senza fare il nome dell’informatore misterioso. Le forze dell’ordine, tramite l’analisi dei tabulati telefonici, ci mettono poco a restringere il campo fino a Daniel D’Alessandro. Lo rintracciano in un centro commerciale, lo portano in Questura e provano a convincerlo a collaborare. Come il Berro. I Ferdico vengono avvisati, si fiondano a casa di Bellebuono, ci parlano per tre quarti d’ora. Il giorno dopo D’Alessandro non si presenta all’appuntamento con la polizia, parla con la fidanzata e la avvisa: «Se non rispondo al telefono, dai l’allarme». Poi scompare. L’11 aprile, due mesi dopo la sua uscita dall’Italia, viene catturato in Bulgaria. Qui sta aspettando l’estradizione.

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