Jovanotti: «Quando è morto mio fratello, mia madre si è spenta. Da piccolo speravo che i miei si separassero»


Dopo aver registrato il tutto esaurito nei palazzetti italiani, Jovanotti è pronto a fare tappa a Roma con il suo tour. E mentre l’entusiasmo dei fan cresce, lui si apre in un’intervista a Malcolm Pagani del Messaggero, raccontandosi con sincerità in un ritratto che va oltre la musica, tra memorie familiari, emozioni profonde e riflessioni sul presente. «Quando canto canzoni allegre mi sento davvero a casa. Il mio desiderio più profondo è stare bene, vedere il bello che c’è. Amo cantare l’euforia dell’amore, quella sensazione di essere in due e bastarsi. È la mia fortuna, e la benedico». Ma è il passato familiare ad assumere un peso forte nel racconto. L’artista rievoca la sua infanzia e un rapporto complesso con i genitori: «Facevano parte di una generazione in cui non c’era scelta. Quando ero bambino speravo si mollassero perché, forse sbagliando, avevo l’illusione che se si fossero lasciati sarebbero stati entrambi più felici. Litigare era il loro linguaggio. Li sentivo discutere spesso. Una coppia molto tradizionale in cui la mamma è passivo-aggressiva e il mio babbo, nei toni, è solo aggressivo. Dico queste cose con amore perché il mio babbo non è mai stato un violento».
L’arrivo travolgente della fama
Nel ritratto intimo, emerge anche l’adolescenza vissuta un po’ ai margini, con pochi amici e un’aspirazione che lo spingeva a emergere:« La musica mi dava una prospettiva, ma volevo anche diventare qualcuno per me stesso». Il successo, poi, arrivò travolgente, con fan sotto casa e i genitori disorientati dalla fama improvvisa del figlio: «Finì che diventai un personaggio anche dentro le mura di casa».
La perdita del fratello
Un momento cruciale nella vita dell’artista è stato senza dubbio la perdita del fratello Umberto, morto in un incidente con un ultraleggero. Jovanotti racconta il dolore, la corsa verso casa dopo la notizia, e quel momento in cui, di fronte alla tragedia, le gambe cedettero: «Per la prima volta mi accasciai in ginocchio. Io e Umberto eravamo visceralmente legati. La sua scomparsa fu il crollo della colonna portante della famiglia». Quella ferita segnò profondamente anche i genitori. «La mia mamma ne è morta. Il mio babbo reagì diversamente: diventò più affettuoso, comunicativo e generoso. Non che non lo fosse, ma quelle qualità si accentuarono in maniera commovente. Mamma invece si chiuse. Quando le portavo Teresa, che era piccolina, faticava a relazionarsi perché aveva paura di emozionarsi e proiettarsi nel futuro».