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Achille Lauro non convince, Ultimo neanche. Ci salvano BigMama e Giorgio Poi. Le recensioni delle nuove uscite della settimana

20 Aprile 2025 - 19:21 Gabriele Fazio

Achille Lauro – Comuni mortali

Achille Lauro è un po’ un nomade della musica italiana, da quando abita la ribalta abbiamo assistito a sperimentazioni di ogni tipo: dalla famigerata samba-trap allo swing, fino al pop-punk, forse il pianeta in cui si muove con migliore agilità. La fissa del momento è un pop con pretese cantautorali altissime e resa piuttosto banalotta. Per fortuna qualche intuizione corretta la troviamo, ma procediamo con ordine. Il disco parte benino con Perdutamente che, forse perché prima traccia, si fa ascoltare, ma deraglia subito con con Amor e Dannata San Francisco, assolutamente insufficienti, piatte, tronfie. Un ego che si gonfia a dismisura su Cristina, canzone dedicata alla madre che però continua a parlare di Achille Lauro, che sembra fisicamente impossibilitato a non far girare tutto sempre intorno a se stesso. Siamo alla quarta canzone e, non fossimo costretti, molleremmo. Nel momento del bisogno il performer romano ci piazza fortunatamente Fiori di papavero, che non sarà un capolavoro ma risulta perlomeno un po’ più interessante, con questo beat da pop anni ’90 che tiene le redini e un’interessante scelta minimal. Nel contesto del disco brilla un po’ di più anche Amore disperato, che comunque resta una canzone scritta maluccio, e tocchiamo poi l’apice con Incoscienti giovani, il pezzo di Sanremo, di sicuro il migliore dell’intera carriera del nostro, un brano talmente azzeccato che meriterebbe un encomio ai sette autori e tre produttori che l’hanno lavorato. Il livello si riabbassa con Walk Of Fame, una pausa di noia indescrivibile fortunatamente interrotta con Dirty Love, che perlomeno con questa chitarrina funky ci risveglia dal torpore emotivo. Benino anche Nati da una costola, brano che però rappresenta abbastanza bene anche il mood romanticamente elementare di tutto il disco. Forse il brano più onestamente emotivo è Barabba III, con il quale si chiude l’album, ma serve anche arrivarci e non è cosa facilissima. In generale il problema di Achille Lauro è la totale incapacità di scomparire dai propri brani, di fare un passo indietro, di lasciarli liberi e non incatenati al dover rappresentare a tutti i costi l’emotività di un personaggio costruito da cima a fondo, come se la musica non fosse il fine ma un mezzo per arrivare ad altro. Comuni mortali, pur avendo oggettivamente i suoi momenti, spiattella i limiti del progetto Achille Lauro: le canzoni sono quasi sempre insufficienti, l’ego è insensatamente smisurato e va a coprire tutto, così della musica rimangono solo le briciole. E non sono nemmeno così appetitose.