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«Noi, perseguitati, siamo vivi grazie a Papa Francesco. Con una nave ci fece scappare in Italia»

22 Aprile 2025 - 18:59 Alba Romano
coppia perseguitata papa francesco argentina italia
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Il racconto dell'italiano Sergio Gobulin e di sua moglie Ana Barzola. La requisizione della casa, il pestaggio di lui e Bergoglio che li accompagna al porto, fino all'ultimo momento. «Ci mancherà. Il mondo perde un uomo di pace, non solo dentro la Chiesa»

Sergio Gobulin e la moglie Ana Barzola ricordano Papa Francesco, con affetto e con stima. Perché grazie a lui riuscirono a scappare dall’Argentina nel 1977. Il loro è un racconto commosso, affidato al Messaggero Veneto. «Perdiamo un amico. Se siamo ancora in vita è grazie a lui, che ci ha salvati», hanno dichiarato i coniugi oggi residenti ad Arzene, in provincia di Pordenone. Nella sua autobiografia “Spera” il Pontefice aveva dedicato loro due pagine, raccontando delle persecuzioni in Argentina. Il 17 gennaio 1977 l’allora superiore provinciale dei gesuiti Jorge Mario Bergoglio, dopo averli messi al riparo in un ospedale, li fece imbarcare su una nave diretta in Italia.

Chi sono Sergio Gobulin e Ana Barzola, storia di un salvataggio

Sergio Gobulin, nato a San Michele al Tagliamento nel 1946 ed emigrato in Argentina da bambino, con i genitori studiò teologia: Bergoglio era suo insegnante. Il futuro Papa era legato a lui, celebrò il suo matrimonio con Ana nel 1975. Ma accadde poi l’incubo: l’anno dopo i militari requisirono l’abitazione della coppia. «Ana scampò perché si trovava fuori casa con la figlia di pochi mesi. Sergio lo prelevarono mentre stava costruendo con le sue mani la rete idrica», racconta il Pontefice sul suo libro. Sergio fu picchiato brutalmente. Bergoglio andò dove lo detenevano: «Dissi a un militare: il sangue di quell’uomo ti porterà all’inferno. Glielo descrissi anche, l’inferno. In fondo, era una brava persona». Sergio aveva visto chi lo rapì e lo pestò a sangue. Sopravvissuto, rischiava la vita. «Riuscii a ottenere un permesso che consentiva a Sergio di essere ricoverato in un ospedale italiano insieme alla moglie e alla loro piccola. Poi chiamai subito il consolato, perché gli fosse riconosciuto l’asilo politico», scrive il Pontefice sul suo libro. E così la famiglia scappò alla volta dell’Italia in nave. Bergoglio stesso li accompagnò al porto e gli diede dei soldi per affrontare il primo periodo all’estero.

«Ci si telefonava 3-4 volte l’anno»

Sergio, Ana e il Papa – ricostruisce il quotidiano – non hanno mai perso i contatti. Si sono sentiti al telefono e visti a Santa Marta più volte. «Ci si telefonava 3-4 volte l’anno, sempre il 24 giugno, giorno del mio compleanno», racconta l’uomo. E a Natale «il suo segretario fotografava i messaggi scritti a mano e ce li recapitava via telefono». L’ultima comunicazione risale ai giorni del ricovero al Gemelli. Papa Francesco aveva difficoltà a parlare «ma il suo segretario ci fece sapere che il messaggio era stato recapitato e ci salutava. Ci mancherà. Il mondo perde un uomo di pace, non solo dentro la Chiesa».

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