Collaboratore domestico ucciso a Milano, il 28enne fermato: «Ho dormito e mangiato nella villa, ma dell’omicidio non ricordo nulla»


Il giudice per le indagini preliminari di Milano Domenico Santoro ha convalidato il fermo e disposto il carcere per Dawda Bandeh, il 28enne di origini gambiane fermato la sera di Pasqua all’interno di una villa di via Randaccio del capoluogo lombardo con l’accusa di avere strangolato Angelito Acob Manansala, il collaboratore domestico dei proprietari di casa. Nel provvedimento, notificato nel tardo pomeriggio di oggi, mercoledì 23 aprile, il magistrato ha ritenuto che «per la dinamica e la gravità dei fatti ricostruiti dalle indagini, sussistono gravi indizi di colpevolezza, pericoli di fuga e reiterazione del reato». Durante l’interrogatorio di garanzia davanti al gip, il giovane ha ammesso di essere entrato nella villa, di aver mangiato e di aver dormito lì, ma non «è riuscito a ricordare nient’altro», ha spiegato la sua legale Federica Scapaticci. Dell’omicidio del 61enne di origini filippine ha detto «di non ricordare nulla». Tant’è che la difesa sta valutando di chiedere una perizia psichiatrica sulla capacità di intendere e volere del suo assistito.
Era stato rilasciato poche ore prima dai carabinieri
Prosegue intanto il lavoro degli investigatori della Questura di Milano: è probabile che il 28enne sia entrato nell’appartamento non lontano dall’Arco della Pace a Milano con l’intenzione di rubare, ma è da stabilire quando lo abbia fatto. Solo poche ore prima il giovane era stato bloccato dai carabinieri per un altro tentativo di furto e poi rilasciato su disposizione dell’autorità giudiziaria. A dare l’allarme la sera di Pasqua al 112 era stato il proprietario di casa, un cittadino israeliano di 52 anni, che al rientro da una breve vacanza ha trovato la porta d’ingresso aperta e, all’interno, il giovane gambiano e il domestico filippino morto. La vittima era stessa sul pavimento del salone della villa. La Procura di Milano ha disposto l’autopsia sul cadavere della vittima per accertare le cause del decesso del 61enne, che sarebbe stato strangolato. «Ci saremmo sposati tra sei mesi nelle Filippine», ha raccontato la compagna della vittima. I due convivevano da sei anni e avevano pianificato il matrimonio nei dettagli. La sera di Pasqua avevano programmato di andare al ristorante, ma quella cena non c’è mai stata. «L’ho chiamato al telefono diverse volte – ha detto la donna – ma non mi ha mai risposto».
Foto copertina: ANSA / Andrea Fasani / Z16 | Poliziotti e agenti della scientifica all’esterno dell’appartamento in via Giovanni Randaccio in cui c’è stato un omicidio, Milano, 21 Aprile 2025