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Il cardinale Müller: «Francesco? Ambiguo su gay, donne e Islam. Non possiamo accettare che i comunisti nominino i vescovi»

24 Aprile 2025 - 05:39 Alba Romano
cardinale Gerhard Ludwig Müller papa francesco
cardinale Gerhard Ludwig Müller papa francesco
L'esponente dell'ala conservatrice del collegio cardinalizio e il prossimo conclave: ogni pontefice è il successore di Pietro

Il cardinale tedesco Gerhard Ludwig Müller, esponente dell’ala conservatrice del collegio cardinalizio, dice che ogni Papa «non è un successore del suo predecessore ma un successore di Pietro». Un modo per sostenere che il prossimo Conclave non dovrà per forza agire nel solco di Francesco. Il quale ha avuto «unanime l’apprezzamento per l’impegno con i migranti, i poveri e per superare le divisioni tra il centro e la periferia». Ma in alcuni momenti è stato un po’ ambiguo: «Per esempio quando con Eugenio Scalfari ha parlato di resurrezione. Con papa Benedetto abbiamo avuto la chiarezza teologica perfetta», dice oggi a Repubblica.

Donne e gay

Secondo Müller il prossimo Papa deve chiarire la questione della benedizione delle coppie omosessuali: «Il documento approvato sotto Francesco voleva aiutare pastoralmente queste persone ma non si deve relativizzare la dottrina cattolica del matrimonio». E il cardinale aggiunge che «quelli che capiscono nulla o poco della teologia cattolica dicono: adesso il Papa cambia la Chiesa da autocrazia a democrazia. Ma la premessa sbagliata è confondere la Chiesa con un’organizzazione politica, come il World economic forum o l’Onu».

Sulla nomina di una donna prefetta di un discastero vaticano, sostiene Müller, «il problema è un laico chiamato a presiedere quella che un tempo era una congregazione, che è espressione dell’autorità del collegio cardinalizio. L’impressione della gente da fuori è stata: ah finalmente una donna! E io penso che quando di tratta di uffici amministrativi come il Governatorato non c’è problema che venga gestito dai laici, ma la curia romana è un ente ecclesiastico».

L’Islam

Sul dialogo con l’Islam il cardinale dice che «già san Tommaso D’Acquino distingueva: sul livello della ragione possiamo dialogare con loro: rispettano certi principi dell’etica naturale e credono in Dio nella propria maniera. Però bisogna domandarsi come è possibile che uno che crede in Dio, creatore di tutti gli uomini, possa uccidere nel nome di Dio. Dialogo sì ma evitare ogni forma di relativismo: la fede cattolica non è un’espressione singolare di una religione universale del mondo creata dal forum di Davos». Mentre sulla Cina è charissimo: «Non possiamo tradire i principi della nostra fede, non possiamo accettare che i comunisti atei, nemici dell’umanità, scrivano i nostri libri del catechismo o portino nelle chiese l’immagine di Xi Jinping. Non possiamo accettare che i comunisti nominino i vescovi».

La secolarizzazione

Infine, nel colloquio con Jacopo Scaramuzzi Müller se la prende con la secolarizzazione: «Può darsi che alcuni dicano: questi teologi parlano, altri sono pragmatici, pensano di più al potere, all’influenza… non lo so. Tutti devono ricordarsi che siamo corpo mistico di Cristo e non una organizzazione internazionale umanitaria e sociale. Questo piace a tanta gente secolarizzata, l’élite, gli oligarchi, che vorrebbero il Papa come un simbolo della loro religione, ma il Papa non è un simbolo della religione secolarizzata».

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