Giorgio Locatelli e il piatto di tagliolini da 30 mila euro: «Mattarella mi ha detto che adora MasterChef»


Dal 31 dicembre Giorgio Locatelli ha chiuso la sua Locanda. Il ristorante stellato di Londra per lui era ormai «un peso sulla schiena». Perché a 62 anni era stanco: «Eravamo aperti tutti i giorni con uno staff di 76-84 persone da gestire: troppa pressione. Il sabato dopo l’addio io e mia moglie Plaxy ci siamo resi conto che quello era il nostro primo weekend libero dal 2002», dice oggi al Corriere della Sera. Però a breve si ricomincia: «Alla National Gallery. Il 10 maggio apriamo il ristorante Locatelli’s, il Bar Giorgio e un club. Tagliatelle al ragù e maritozzi, abbiamo già 400 prenotazioni in attesa. Ma sarà diverso: io dovrò motivare il personale, non pagarlo. A quello penseranno i partner. Finalmente posso dedicarmi solo alla cucina: non sono un bravo businessman. Anzi, sono terribile con i soldi…».
Il ristorante Locatelli’s, il Bar Giorgio e un club
Nel colloquio con Alessandro Del Mondo Locatelli dice che ai tempi del ristorante Zafferano «venni truffato: le mie quote vennero vendute e rimasi con niente in mano, dopo sette anni in cui avevo dato tutto. Un’esperienza che avrebbe potuto spaccarmi, l’ho affrontata con la terapia». Racconta che è stato un figlio «scapestrato: a 14 anni ho smesso di parlare con i miei. Andavo alla scuola alberghiera, lavoravo nel ristorante degli zii (La Cinzianella a Corgeno, Varese, ndr ), uscivo. Mio fratello era il ragazzo perfetto: ingegnere, un posto all’Enel come papà. Ho sempre saputo di essere lo sfavorito». Ma, ammette, era un ragazzo difficile: «Mia mamma Giuseppina ogni tanto mi diceva “a te ti hanno scambiato in culla”. Adesso ha 90 anni, la chiamo ogni sera alle 19».
Il ristorante a Dubai
Il padre però ha detto di essere fiero di lui quando è venuto a Dubai. Il ristorante Ronda all’hotel Atlantis è però stato chiuso dopo 15 anni: «Un nostro dipendente è finito in carcere per aver fumato una canna. Per le leggi locali ci sarebbe dovuto rimanere 4 anni, lo abbiamo tirato fuori tramite conoscenze. Non è un Paese che ci piace». Il 6 maggio Re Carlo III inaugurerà l’ala Sainsbury della National Gallery, dove si trovano i suoi locali: «Quando era principe veniva alla Locanda con Camilla. Da sovrano no. Però ogni anno mando un tartufo a Palazzo per Natale: bianco, di Alba o di San Pietro al Pettine, in Umbria. Una volta non mi ha ringraziato, l’anno dopo mi ha fatto arrivare un tartufo nero trovato da lui nella tenuta di Sandrigham. Molto buono!».
La cena al Quirinale
Dice che era con lui alla cena al Quirinale con Sergio Mattarella: «Il presidente della Repubblica mi ha chiamato per nome e ha detto che gli piace MasterChef, che onore! Unico neo di quella sera: ho fatto fatica a stringere la mano a qualche ministro italiano. Mi ha proprio dato fastidio. Vengo da una grande tradizione antifascista: mio zio paterno, Nino, era partigiano. Venne fucilato a vent’anni dai nazisti durante una missione in Piemonte. Papà al tempo era un bimbo, ma lui e zia Luisa ce ne hanno sempre parlato».
Oggi, dice, «Rifarei il cuoco, l’unico mestiere che conosco. Ma mi eviterei un po’ di abusi: a Londra e Parigi sono stato umiliato in tutti i modi. Invece di resistere per dimostrare qualcosa, me ne andrei. Oggi quel tipo di educazione in cucina è ridicola. A volte succede ancora che i ragazzi in brigata, under 25 e col testosterone a duecentomila, si bullizzino tra di loro e tu non te ne accorga. Ma non è una scusa, bisogna intervenire e governare dando l’esempio: no umiliazioni».
30 mila sterline per i tagliolini
Infine, dice di essere felice «di aver avuto ristoranti di successo, di avere una voce in capitolo sulla cucina italiana nel mondo. E del fatto che ogni tanto qualcuno mi paghi cifre sconsiderate: una coppia mi ha dato 25 mila sterline (30 mila euro, ndr) per preparare due piatti di tagliolini al tartufo bianco a Doha». Anche se non è mai andato alla cerimonia della Michelin. «Sono andato alla prima. Perché mischiarmi con quegli invasati? Ho avuto la stella per 23 anni, non mi mancherà: non cucinavo per quello, ma per il ristorante pieno». L’ultimo aneddoto: «Servii ad Arnold Schwarzenegger delle friselle con scamorza e pesto di pomodori: ne unì due e le mangiò come un burger».