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Guinea-Bissau, arrestata imprenditrice italiana: «Nessuno può contattarla». Aveva partecipato a proteste contro miniere cinesi

24 Aprile 2025 - 19:54 Alba Romano
arrestata imprenditrice italiana
arrestata imprenditrice italiana
La Farnesina sarebbe al lavoro per tentare di aprire una via di comunicazione con il nord del Paese, dove abita Valentina Cirelli Agwineriün Kasumaya. La donna, originaria della Liguria, lì gestisce un hotel e numerosi progetti sociali

Ondate di protesta contro un progetto di sfruttamento minerario, nell’estremo ovest dell’Africa, stanno scuotendo ampie zone della Guibea-Bissau. Manifestazioni, slogan, atti vandalici fino all’incendio di macchinari di una multinazionale cinese, piombata sul nord del Paese per le enormi opportunità di business a basso costo. Durante queste proteste, decine di persone sono state portate in carcere: tra loro Valentina Cirelli Agwineriün, imprenditrice ligure da anni residente in Africa. Al momento non risultano accuse a suo carico ma né la Farnesina né i suoi legali dall’Italia sarebbero riusciti a mettersi in contatto con lei.

I dubbi della comunità italiana e le attività solidali

Non è chiaro se la donna – che sui social si fa chiamare con il nome completo Valentina Cirelli Agwineriün Kasumaya – abbia davvero partecipato o meno alle azioni di sabotaggio nelle miniere di zircone al confine con il Senegal. Secondo molti italiani attivi in Guinea-Bissau è un arresto motivato «per il semplice fatto di essere una figura attiva e un leader della comunità». L’imprenditrice, nata da madre guineana e padre italiano, gestisce da oltre dieci anni un hotel e coordina numerosi progetti sociali per aiutare la popolazione locale: una scuola materna e elementare, attività di piccola impresa e perfino un programma di turismo sostenibile. Si era anche indubbiamente schierata contro lo sfruttamento minerario da parte della multinazionale cinese, che avrebbe probabilmente causato la distruzione totale di una parte della foresta che i guineani ritengono sacra.

Il ruolo in Guinea: «Era una voce forte»

«Le autorità le hanno impedito di parlare con gli stessi avvocati», fanno sapere dalla comunità italiana in Guinea. «In più non ci sono prove della sua partecipazione all’azione di sabotaggio in cantiere, non è stata ascoltata, né è stata presentata a un giudice». La donna, secondo alcune testimonianze, era diventata una delle voci più presenti nel nord della Guinea e si era unita ai cori dei locali che chiedevano rispetto per la terra: «Tutte le nostre risaie sono state distrutte. Non ci sono più pesci nel ristagno del fiume vicino al sito di sfruttamento, e nessuno ha preso in considerazione questa situazione, nonostante le nostre grida dal profondo del cuore».

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