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Marco Travaglio, il rimpianto su Fedez e il rapporto con Selvaggia Lucarelli. Chi lo ha deluso a Sanremo e quei «messaggi» a sorpresa da Berlusconi

24 Aprile 2025 - 16:19 Giulia Norvegno
Marco Travaglio al Bsmt
Marco Travaglio al Bsmt
Al podcast di Gianluca Gazzoli, il direttore del Fatto quotidiano racconta la sua passione per la musica. Ma anche alcuni aneddoti meno noti su Silvio Berlusconi. Come funziona il suo rapporto con Selvaggia Lucarelli e il rimpianto per il Fedez dei primi tempi

Marco Travaglio è stato ospite di Gianluca Gazzoli per una puntata del podcast Bsmt, in cui il direttore del Fatto quotidiano ha raccontato aneddoti dei suoi esordi professionali e della sua grande passione per la musica. Nella lunga puntata intitolata «Nemico pubblico n.1», Travaglio ha confermato quanto poco o niente frequenti i social. I suoi stessi profili sono praticamente nelle mani di suoi figlio Alessandro, che detiene le password di accesso, ignote anche a lui. Travaglio ha poi raccontato di non perdersi un’edizione del Festival di Sanremo, oltre che del suo rapporto con Fedez, che ha visto in ripresa. E poi ha parlato di Selvaggia Lucarelli, collaboratrice del suo giornale. Senza tralasciare ricordi e storie che lo legano a Silvio Berlusconi.

La passione per Renato Zero e Franco Battiato

Una delle passioni di Travaglio è Renato Zero, che secondo lui «ha scardinato il mondo paludato e conformista della musica!». Diventato «sorcino» da ragazzino, è riuscito anche a conoscere il cantante, con il quale oggi vanta anche un’amicizia «e ci frequentiamo». Da vero fan, ha anche collezionato «gli autografi di Renato raccolti ad ogni concerto come quelli dei giocatori della Juve quando ero ragazzino. Ero pazzo di Dino Zoff». Non da meno il rapporto amicale con Franco Battiato, che per due volte è riuscito a farlo cantare in pubblico assieme a lui. Una volta con «L’era del cinghiale bianco» e l’altra, alla festa del Fatto, con «Prospettiva Nevskij, che è la mia canzone preferita di Battiato»

Travaglio e il Festival di Sanremo

Il direttore del Fatto quotidiano non si è perso il Festival di Sanremo neanche quest’anno, così come è successo per le passate edizioni. Il Festival sotto la direzione di Carlo Conti però non lo ha proprio entusiasmato: «Musicalmente era di qualità media molto bassa, salvo due o tre canzoni che mi sono piaciute». Tra queste, ovviamente quella della sua recente scoperta, cioè Lucio Corsi «di cui confesso ignoravo l’esistenza fino a quando non ho visto la serie di Carlo Verdone che mi aveva incuriosito proprio per lui. Mi è piaciuta Giorgia. Mi è piaciucchiato Lauro. Mi è piaciuto… come si chiama il… ah, ecco, Willy Peyote. E non mi ricordo altro».

L’infanzia a Torino e la decisione di fare di giornalista

Nato a Torino, Travaglio ricorda che in casa si leggeva il quotidiano della città, cioè La Stampa. Ma seppur c’erano grandi firme su quel giornale, era comunque della Fiat. E ricorda che alle medie la sua professoressa aveva aderito al programma per ricevere i quotidiani in classe. Le scelte del giovanissimo Travaglio erano state «tre giornali di opinione: Il Manifesto, la Repubblica e Il Giornale di Indro Montanelli. E io mi innamorai del Giornale per come scriveva Montanelli. Era colto, spiritoso, rapido, e scriveva in modo comprensibile. A quel punto mi sono detto che volevo fare il giornalista e farlo nel Giornale di Montanelli».

Gli esordi con Indro Montanelli e l’odissea del contratto

Così iniziò a scrivere e iniziò l’odissea per avere un contratto: «Cominciai a fare il vice corrispondente da Torino senza contratto. Poi questo contratto non arrivava perché non volevo spostarmi a Milano. Confesso: detesto Milano, quindi non ci volevo proprio venire per nulla al mondo. Mi offrirono invece un posto a Repubblica, che io detestavo. Da montanelliano per me era il giornale nemico. Non ci volevo andare. Però dovevo sposarmi e mettere su famiglia. Era il 1992. Andai a dirlo a Montanelli, che mi disse di non preoccuparmi e che ci avrebbe pensato lui a farmi assumere. Però poi andai dall’amministratore del Giornale, che era l’uomo di Paolo Berlusconi, e quello mi disse di no, che non c’era possibilità di assumermi. Allora tornai con la coda fra le gambe a Torino, pronto a piegare il capo e accettare l’offerta di Repubblica. La mattina dopo ero in tribunale, e stavo facendo il giro di giudiziaria, quando mi chiamò Iside, la segretaria di Montanelli, che mi passò il direttore. Montanelli mi riprese chiedendo che avessi mai capito? Io dissi che avevo capito che non c’era posto per me. Lui rispose di essere davanti a Crespi, l’ad del Giornale, e che mi assumevano. E quindi fui assunto al Giornale a un terzo di quello che mi offriva Repubblica. Ma durò solo due anni perché poi nel 1994 Berlusconi cacciò Montanelli e ce ne siamo andati tutti a La Voce, il nuovo quotidiano fondato da Indro»

La dedica di Silvio Berlusconi a Travaglio

Travaglio racconta di quando ha incontrato per la prima e unica volta Silvio Berlusconi: «La sola volta in vita mia che ho visto davanti a me Silvio Berlusconi è stata nello studio di Michele Santoro nel 2013, nella famosa puntata di Anno Zero in cui lui poi pulì la sedia dove mi ero seduto io con un gesto teatrale». Ci sono stati nel tempo anche «messaggi indiretti» che il fondatore di Forza Italia gli aveva mandato attraverso la compagna di allora, Francesca Pascale, «che chiese a una comune amica di potermi conoscere. Organizzammo un caffè a casa della mia amica e la Pascale mi portò un libro molto spesso e molto pesante, simile a quelli delle Pro loco, su Villa Gernetto, che Berlusconi aveva comprato per fare lì l’Università delle libertà. Il libro non era un granché, ma era divertente la dedica firmata da Berlusconi: “Da un difensore della libertà a un altro appassionato della libertà. Con un solo rammarico: non lavori per me. Ma fino a quando?”».

I complimenti a Travaglio «per far incazzare Bruno Vespa»

Sempre indirettamente, da Berlusconi sono arrivati anche dei complimenti a suo modo per Travaglio. Un aneddoto che lo stesso Cav aveva raccontato a Porta a porta: «C’è stato un amico che purtroppo non c’è più e che lavorava con noi al Fatto. Quando si ammalò suo padre venne ricoverato al San Raffaele e si trovò lì con anche Berlusconi ricoverato. Berlusconi lo seppe e lo volle incontrare, e lo ricevette nella camera di degenza mentre sul letto stava sottolineando con un evidenziatore verde il mio editoriale sul Fatto. E gli disse: “Travaglio è il primo che leggo, il suo direttore è diabolico, ma è il più bravo che ci sia”. Questa cosa la disse anche in tv a Porta a Porta, ma credo solo per fare incazzare Bruno Vespa che così nella sua classifica dei giornalisti veniva dopo di me»

Travaglio su Berlusconi: «Era campione di furbizia e tenecia. Con Meloni c’era disprezzo»

In una sorta di ultima concessione mai del tutto morbida a Berlusconi, Travaglio dice di lui che «è stato sicuramente un campione non solo di furbizia, ma anche di tenacia. Perché lui credeva alle cose più impensabili. Mentre tutti gli chiedevano se era matto, lui ci credeva. E alla fine si avveravano. Compreso il fatto di violare non so quanti articoli di legge, ma alla fine chiudere la sua carriera in Senato, ricevuto ancora dal presidente della Repubblica. Aveva una forza interiore e una tenacia contro tutto e contro tutti che nessun altro ha mai manifestato e che alla fine gli ha fatto sentire di avere vinto. Anche se in realtà negli ultimi anni era un vinto. Credo gli sia costato moltissimo vedere diventare presidente del Consiglio Giorgia Meloni, perché lui la considerava veramente una sua allieva di seconda fila. La disprezzava profondamente e credo che fosse anche ricambiato»

Il rapporto con Selvaggia Lucarelli, «rabdomante del web»

Di quel che scrive Selvaggia Lucarelli sul Fatto quotidiano, Travaglio dice che l’unica cosa importante per lui è che lo faccia per il suo giornale, «non che scriva quello che penso io». Ammette che «spesso scrive di personaggi che io manco so chi siano, ma lei è una rabdomante del web e capisce in anticipo chi può diventare importante dopo. So che si occupa di un tipo di cui non parla nessuno ma di cui fra qualche mese parleranno tutti. O so che si occupa di una vicenda di cui non parla nessuno, ma di cui poi parleranno tutti».

Un esempio su tutti è quello del caso Chiara Ferragni e lo scandalo col pandoro Balocco e le uova di Pasqua: «Lei fiuta e arriva prima e io vado sul sicuro. Sono felice che scriva, non so manco prima di cosa scriva, ma li pubblico lo stesso. Come con gli altri. Gran parte dei pezzi, dei commenti e delle analisi che ci sono sul Fatto io non le condivido affatto. Ma le pubblico lo stesso. Come ho fatto con Massimo Fini che ha scritto due puntate di elogio della guerra proprio quando io sostenevo il contrario»

Il ricordo di Fedez degli inizi, il tracollo e la ripresa

Il rapporto tra Fedez e Travaglio inizia anni fa, quando il rapper non era ancora sposato con Chiara Ferragni. Il direttore del Fatto dice di averlo conosciuto «grazie al mio amico J Ax… Fui invitato a un loro concerto e mi divertii nell’intervallo vederli giocare a basket nel retro palco. Era un ragazzo semplice, simpatico e anche divertente. Mi ha meravigliato la metamorfosi che ha subito Federico negli ultimi anni. Spero che ne esca, perché mi è sembrato avesse qualità. A Sanremo l’ho visto però in versione penitente. Aveva l’aria di uno che non volesse fare lo smargiasso. Ha tenuto un atteggiamento giusto. Mi è sembrato un buon segno. Spero che possa tornare il Federico che avevo conosciuto».

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