Giovani fuori, anziani dentro: a 36 anni si vedono già gli effetti delle cattive abitudini – Lo studio


Gioventù invincibile, o forse no. É spesso frequente quella percezione che in giovane età porta a considerare il proprio corpo quasi come una macchina perfetta: si dorme spesso poco, si rispettano meno le ore di sonno necessarie all’organismo per rimanere energico e performante, si fuma e si beve con spensieratezza. La preoccupazione per le conseguenze è riservata alla versione futura di se stessi, quella che di lì a 30-40 anni, più vecchia e con più esperienze vissute, potrà forse risentire effettivamente di danni e problemi. Gli ultimi dati scientifici sul tema però smentiscono totalmente quest’idea: non bisogna attendere di avere 50 o 60 anni per vedere sul nostro corpo i danni di uno stile di vita poco sane. Lo studio pubblicato sul National Library of Medicine parla chiaro: i segni dell’invecchiamento accelerato sono già visibili a 36 anni, e non si tratta solo di qualche ruga in più. Cuore, polmoni, cervello e metabolismo cominciano a mostrare un’usura precoce che può influenzare profondamente la nostra salute negli anni successivi. Una scoperta che sfida l’idea, a volte troppo radicata, che gli “acciacchi” siano roba da vecchi, e che la giovinezza sia una specie di scudo protettivo senza possibilità di rischi.
La ricerca: monitorati 19 biomarcatori per oltre 40 anni
Lo studio recente sulla precocità dell’invecchiamento proviene dal Dunedin Multidisciplinary Health and Development Study, uno dei più importanti studi longitudinali mai realizzati. Condotto in Nuova Zelanda e coordinato da un team internazionale della Duke University e dell’Università di Otago, ha seguito un gruppo di 1.037 persone nate tra il 1972 e il 1973 per oltre 40 anni. I partecipanti sono stati sottoposti a controlli regolari dall’infanzia fino alla mezza età, con una raccolta di dati che copre numerosi aspetti: parametri clinici, salute mentale, comportamento, attività fisica, abitudini di consumo e molto altro.
Per calcolare la cosiddetta “età biologica”, i ricercatori hanno utilizzato 19 marcatori fisiologici, tra cui:
- la funzionalità epatica
- la funzionalità renale
- la forza muscolare
- il metabolismo
- la salute dentale
- le capacità cognitive
- la condizione del sistema cardiovascolare
Hanno quindi proceduto a un calcolo della “velocità di Invecchiamento” detta Pace of Aging, attraverso l’analisi dei cambiamenti nel tempo dei 19 biomarcatori, ottenendo la stima di quanto il corpo di ogni partecipante allo studio stesse invecchiando rispetto alla sua età anagrafica. Una sorta di orologio biologico capace di misurare il logorio dell’organismo a partire dallo stile di vita.
Cosa dicono i dati
I numeri ottenuti dagli scienziati non hanno lasciato molto spazio ai dubbi: le persone che da adolescenti avevano già iniziato a fumare, bere regolarmente e muoversi poco presentavano a 36 anni un’età biologica significativamente più alta rispetto ai loro coetanei più virtuosi. In alcuni casi, l’età interna del corpo era di cinque o sei anni superiore. Ancora più preoccupante è il tasso di invecchiamento: chi seguiva uno stile di vita poco salutare invecchiava biologicamente quasi il doppio più velocemente. Il declino registrato riguarda direttamente sia la salute del cervello, con peggioramenti cognitivi, sia la salute del corpo, con segnali anticipati di malattie croniche. «Molte persone pensano che i danni da fumo o alcol si accumulino nel tempo e si manifestino solo più avanti», spiega la professoressa Leah Richmond-Rakerd, prima autrice dello studio, «ma la nostra ricerca dimostra che il processo di deterioramento può iniziare molto prima, e a volte senza sintomi così evidenti».
Le regole, non scontate, dell’invecchiamento
Non tutto il corpo invecchia allo stesso ritmo. Diversi studi, tra cui quello pubblicato su Nature dal titolo Heterogeneous aging across multiple organ systems and prediction of chronic disease and mortality, hanno mostrato che alcuni organi iniziano a deteriorarsi prima di altri, e non sempre in modo percepibile. In particolare, il cuore, i polmoni e i reni sono tra i primi a mostrare segni di invecchiamento precoce, spesso già dalla trentina, soprattutto se esposti a fattori di rischio come il fumo o la sedentarietà. Anche il cervello, in particolare le aree coinvolte nella memoria e nella regolazione delle emozioni, può iniziare a perdere efficienza in giovane età, con un rallentamento nei processi cognitivi. Gli scienziati spiegano inoltre come l’età biologica dei vari organi possa essere sfasata di anni rispetto all’età anagrafica, con alcuni individui che mostrano un fegato da cinquantenne ma un cervello da trentenne, e viceversa. Questo ha portato i ricercatori a parlare di “età degli organi”, un concetto che potrebbe diventare sempre più rilevante in medicina preventiva. Capire quali organi sono più vulnerabili e quando iniziano a indebolirsi aiuta non solo a spiegare le differenze tra individui, ma anche a intervenire in modo mirato.