Conclave, Travaglio lancia Parolin: «Ha 40 voti sicuri»


È il cardinale Pietro Parolin il favorito del Conclave. O meglio, colui che entra da Papa e quindi rischia di uscire da cardinale. Il segretario di Stato guiderà i confratelli nella Cappella Sistina. E secondo il Fatto Quotidiano può contare su un pacchetto iniziale di 40 voti. Benedetto XVI ne prese 47 alla prima votazione, 65 alla seconda e 72 alla terza. Poi gli 84 che gli garantirono l’elezione. Nel Conclave del 2013 invece i 30 voti iniziali per Angelo Scola contro i 26 per Jorge Mario Bergoglio si ribaltarono già nella seconda votazione. Poi la fumata bianca e l’elezione dell’arcivescovo di Buenos aires.
Parolin e Pizzaballa
Dietro Parolin un altro favorito è il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini. Che ha appena compiuto 60 anni: il suo sarebbe di sicuro un pontificato lungo. Al terzo posto tra i favoriti c’è il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana e arcivescovo di Bologna. E che è considerato il vero continuatore pastorale di Francesco. Un papa italiano manca da 47 anni, ovvero da Papa Luciani nel 1978. E ci sono i candidati stranieri. Péter Erdo, arcivescovo di Esztergom-Budapest, e Willem Jacobus Eijk, arcivescovo di Utrecht. Il terzo è Robert Francis Prevost, agostiniano, già prefetto del Dicastero per i vescovi. Le votazioni prenderanno il via la prossima settimana. Le congregazioni generali dei cardinali fisseranno la data dell’inizio del conclave.
Le periferie e il cardinale Tagle
Intanto, mentre il cardinale Müller spiega che il nuovo Papa deve contrastare le lobby gay, il cardinale Luis Antonio Tagle parla con Angelo Scelzo del Mattino di Bergoglio: «Papa Francesco era un vero uomo di Dio. L’avevo conosciuto nel 2005, cardinale di Buenos Aires, al Sinodo sull’Eucaristia. Quando l’ho incontrato da papa ho rivisto la stessa persona. Grande senso pastorale, modi semplici e cuore aperto sull’obiettivo centrale dell’evangelizzazione. Metteva il Vangelo al centro di tutto, ma non in modo astratto, perché gli interessava che entrasse davvero nella vita delle persone». Filippino, nominato da Papa Benedetto nel 2011 arcivescovo di Manila, teologo e filosofo con studi e permanenza per sette anni negli Stati Uniti, è stato Francesco a chiamarlo, sei anni fa, alla guida del dicastero missionario di Propaganda Fide.
La strada di Francesco
Secondo Tagle l’ultimo Papa «ha tracciato una grande strada. È stato il Pastore che non si è limitato alla proclamazione del Vangelo, ma si è preoccupato di indicare a tutti i segni di Dio nel concreto della vita quotidiana. E a ogni livello, al centro come nelle periferie, queste ultime raggiunte da un annuncio che ora ha la forza del nuovo. È una strada che Francesco ha indicato per prima a noi vescovi. Sento molto questa “missione” ed è ciò che mi aiuta ad andare nelle periferie. Occorre andarci ma con la convinzione e l’obiettivo di farle diventare centro. Il pericolo è di continuare a pensare di essere noi il centro. È così che rischiamo di andare fuori strada».