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Fichi d’India, Max Cavallari ricorda Bruno Arena: «Gli amici e i parenti sono scappati. Lui mi fece capire di continuare»

28 Aprile 2025 - 07:12 Alba Romano
max cavallari bruno arena fichi d'india
max cavallari bruno arena fichi d'india
Il comico e l'amico scomparso: «A Zelig sono successe delle cose gravi nei confronti di Bruno, un giorno racconterò»

Max Cavallari porta avanti i Fichi d’India anche se Bruno Arena non c’è più. Perché, dice in un’intervista al Corriere della Sera, il suo partner «è sempre presente “tramite” me: la gente viene ai miei spettacoli e riscopre i personaggi dei Fichi d’India. Ho acquistato il suo Maggiolino giallo, vado a fare le serate con quell’auto. Certe amicizie non ci sono più. Anzi, le amicizie di oggi fanno apprezzare quanto è bella la solitudine». Bruno, dice Max, era pure suo cognato: «Ho avuto una figlia dalla sorella di sua moglie. Sono padrino di suo figlio, lui della mia Alice, sua nipote. Ci trovavamo a Natale e ai compleanni, per il resto non ci frequentavamo molto perché eravamo come il più e il meno delle batterie. Però lui era lo zio della mia bimba, che oggi ha 32 anni».

Max Cavallari e Bruno Arena

Cavallari spiega che la comicità dei Fichi d’India «era elementare, di pancia. Era avanspettacolo: facevamo ridere con poco. Tutti i personaggi sono nati da gente del popolo, eravamo clown senza regole. Tutto questo oggi manca, ora la comicità è volgare». E ricorda: Dopo il grave malore di Bruno volevo smettere. Ma quando andavo a trovarlo mi faceva capire che dovevo continuare. Gli amici sono scappati, i parenti anche, tranne i genitori. I fans mi hanno invece telefonato: sulla loro spinta ho ricominciato. Bruno è come se ci fosse ancora, tant’è che sono Max Cavallari dei Fichi d’India». Tra le battute ci sono «i tormentoni, come “ahrarara” o “tichi tic”: con quelle due battute mi sono fatto la casa. Ahrarara nasce da Sergio Baracco, che vendeva gioielli e aveva la erre moscia, ci ha incantato, così anche noi facevamo i commercianti di pseudo pietre preziose: una volta Bruno andò all’ospedale perché si era messo un topazio finto nel naso e non riusciva a toglierlo».

La comicità oggi

Oggi lui racconta «i nostri personaggi, con aneddoti e retroscena. Chiudo con “Da soli mai”, canzone dedicata a Bruno scritta da Vincenzo Incenzo, l’autore di Renato Zero, e poi con il “tichi tic”: ora faccio il Fico più maturo». Tra i film più cari, rivela, «oltre a “Pinocchio”, “Natale sul Nilo”: navigare su quel fiume è magico. Facevamo ridere perfino dietro le quinte, è un film che ha generato ricavi per 85 miliardi di lire. I cinepanettoni non devono essere criticati, fanno parte della commedia all’italiana». Max ha regalato a Bruno una bicicletta con le ruote bucate: «Sì, era una Bianchi. Per ritorsione minacciò di scassare la mia. Veniva in bici a Cologno Monzese per partecipare a Colorado. Io che amo le auto arrivavo invece con una Porsche cabrio. A mezzanotte riportavo a casa lui e la bici. Un giorno capitò Pier Silvio Berlusconi. Guardò la Porsche e la bici e commentò: “Voi due guadagnate uguale?”».

Il nome

Il nome Fichi d’India lo hanno scelto «perché i fichi d’india sono pungenti fuori e dolci dentro». Si sono conosciuti a Palinuro: «Bruno era animatore dei villaggi Touring, io lavoravo in un’altra struttura e nella discoteca il Ciclope, dove c’era un ragazzino che saltava come un matto. Dissi: “Chi è quella scimmia?” Era Jovanotti… Conobbi Bruno: “Ah, tu sei quel cretino che non mi fa giocare?”. Inventava un sacco di balle ai turisti: “Qua sono passati Garibaldi e Napoleone…”. E tutti che annotavano…».

I nuovi comici

Infine, i nuovi comici: «Quelli bravi sono pochi. Però oggi far ridere è difficile: sono tutti incazzati, prima si rideva con poco. Zelig è sempre una fucina di talenti? No, quello che doveva dare, l’ha dato. Poi lì sono successe delle cose gravi nei confronti di Bruno, un giorno racconterò». Infine, il futuro: «Ora sto raccontando Gilberto Govi e le sue commedie. Quando ero piccolo, mio nonno me lo faceva vedere e diceva: “Se un giorno farai il comico, ecco, segui lui”. Spero di fare sempre più teatro, il cabaret è come una bella donna, da lasciare prima che ti lasci lei».

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