L’astronauta Malerba e le serre spaziali: «Così impariamo a coltivare cicoria sulla Luna»


L’astronauta Franco Malerba guida i ricercatori della startup Space V (come vegetali). Hanno realizzato il primo prototipo di serra spaziale per la produzione di ortaggi nello spazio. L’azienda ha sede a Genova e Torino nell’incubatore I3P del Politecnico. E lui dice oggi alla Stampa che si tratta di un progetto destinato agli astronauti delle prossime missioni: «Per coloro che andranno sulla Luna, ma anche per quelli delle future stazioni spaziali private. È giusto che gli astronauti che trascorrono lunghe permanenze nello Spazio consumino cibo fresco, con vitamine che già sulla Terra sono importanti per tutti noi, e nelle condizioni di vita nello spazio ancora di più. Le serre spaziali, come la nostra, sono la soluzione per usufruire di cibo fresco in loco».
Il cibo sullo Shuttle
Malerma dice che il cibo sullo Shuttle era «migliorato rispetto alle missioni precedenti, ad esempio con l’epoca dell’Apollo. Ma era comunque cibo disidratato che andava poi reidratato con l’acqua di bordo, che non era il massimo, poiché prodotta dalle celle a combustibile. Però, tutto sommato, decente». Lui ha portato del pesto: «Che però non era del tutto… contemplabile, anche se non creava potenziali pericoli. Young, curiosamente, ai tempi della mia missione era l’astronauta più anziano del team e fu il primo a salutarci dopo il rientro a terra. Comunque portai del parmigiano, rigorosamente a cubetti, sempre per il fattore della dispersione di briciole, che gustammo tutti».
Ci fu anche un esperimento sugli spaghetti: «Noi portammo in orbita un satellite a filo collegato allo Shuttle, e gli spaghetti ne erano un simbolo tecnico, ma anche del cibo made in Italy. In assenza di peso svolazzavano, e credo che Jeff Hoffman li portò con sé con la scritta sul contenitore “non mangiare”, proprio perché erano lì per gioco, oltretutto scotti, senza condimento e sapore».
La frutta e la verdura
Attualmente non si inviano frutta e verdure fresche nello spazio perché caricarle «richiede molto tempo, giorni e a volte settimane. I cibi per lo Spazio devono avere lunga conservazione. Solo ai nostri tempi, dello Shuttle, si faceva qualche eccezione, perché vi era un sistema che permetteva di caricare il tutto in poco tempo prima del lancio. Noi avevamo delle mele, che usammo più per un esperimento sulla conservazione del moto angolare… Ma sulla Luna o su Marte, tutto ciò sarà impossibile e la verdura e la frutta l’astronauta le dovrà coltivare con serre adattive».
Ma l’astronauta del prossimo futuro diventerà contadino: «Già oggi gli astronauti, specie quelli delle missioni di lunga durata, devono saper svolgere vari tipi di operazioni. L’astronauta della Nasa Scott Kelly, che restò un anno intero in orbita, coltivò un tipo di lattuga rossa che poi consumò in orbita. A conferma che è un metodo che funziona. In assenza di peso, le piante crescono bene, le radici vanno verso l’umido e le foglie verso la luce. Però naturalmente si richiedono nuove sperimentazioni e noi siamo pronti».
La cicoria
E una delle verdure prodotte nella serra sarà «la cicoria. È ricca di antiossidanti. Gli astronauti durante le loro missioni sono esposti a stress, e quindi moltiplicano i loro radicali liberi che sono negativi per noi a terra e a maggior ragione per loro nei lunghi viaggi spaziali», conclude nel colloquio con Antonio Lo Campo.